“RICRESCITE” DI SERGIO NELLI
Ritorna in libreria “Ricrescite” (Tunué 2018, pp. 128, euro 15) di Sergio Nelli, pubblicato originariamente nel 2004 per la Bollati Boringhieri e, subito dopo, andato fuori catalogo. A riportarlo sugli scaffali ci pensa Vanni Santoni per la meritevole Tunué, con una breve prefazione di Antonio Moresco, che ne ripercorre, a brevi linee, la storia editoriale e che traccia alla perfezione lo scheletro tematico delle centinaia di pagine e poco più di questo libro.
Scritto sotto forma di diario, che prende il via dalla fine del 1999 e termina il 31 dicembre del 2000, “Ricrescite” parla di un uomo “che porta su di sé i segni di molte ferite sia fisiche che mentali, la cui vita subisce uno spiazzamento per l’irruzione di un figlio bambino [..] La presenza del bambino, dei suoi gesti e delle sue spiazzanti osservazioni sul mondo spiazzano infatti anche la quieta disperazione del padre, la presenza oscura e incombente della morte, della malattia e del male.” (Antonio Moresco)
Sebbene la forma diaristica sia per forza di cose frammentaria, è possibile lo stesso riconoscere, all’interno del testo, un sentiero univoco che scava nell’infanzia del narratore all’infanzia del proprio figlio – il personaggio a nostro avviso più interessante e forse più inquietante dell’intero libro, per la sua autenticità da bambino che spesso mette il dito nelle piaghe del dolore, attraverso le sue riflessioni sulla morte, terrificanti proprio perché enunciate senza la sovrastruttura propria dell’adulto: “Il nonno sta diventando sordo e un po’ cieco. Prima chiuderà un occhio, poi un altro, e morirà. Perché è vecchio. Tu mamma e tu babbo diventerete vecchi e io sarò già grande. Poi morirete. Io farò un figlio e invecchierò e quando lui sarà grande morirò… Ma io non voglio morire e allora non farò un figlio”. Federico, il bambino, potrebbe essere pure un oracolo o la voce più antica dello scrittore, che nello scrivere il diario si sofferma con costanza sulla malattia (il ricordo di quando, bambino, fu malato di meningite), sulla Natura incombente (la lunga analisi sui vulcani); e ancora, il passato del suo territorio, l’uso della poesia a inframmezzare la prosa.
“Ricrescite” è un libro importante, inusuale nel panorama italiano, in cui a prevalere non è la storia ma il percorso di crescita di un personaggio; “Ricrescite” ci dona una parentesi di intimità per nulla artefatta. E, proprio perché concentrata sulla mortalità, “Ricrescite” è un libro vitale.
Giovanni Canadè