“Il gatto” raccontato da Giovanni Rajberti
“Ma il gatto! Oh, il gatto ha saputo scegliersi il miglior posto possibile nella storia naturale. Egli si è così ben collocato in mezzo alla più raffinata civiltà e alla più selvaggia indipendenza, da prendere tutto il buono e schivare tutto il cattivo dei due stati.”
Il Gatto è l’animale più enigmatico, perfetto, indipendente del creato, come illustra lo studio approfondito di Giovanni Rajberti (medico poeta vissuto nei primi anni del 1800) nel pamphlet “Il Gatto” (El Doctor Sax, pp.122, euro 12.50, illustrazioni di Natalia Verginella).
“Vedetelo: egli si trastulla anche da solo, perché il gatto, d’ordinario, basta a sé stesso.”
Vive la sua esistenza sonnecchiando al sole durante il giorno, in un apparente ozio, che lo rende agli occhi di chi lo osserva fallacemente disarmato, quasi a voler ricaricare le proprie energie per affrontare le notti da grand viveur, che spesso si concede. Non fa niente per nessuno, il suo è egoismo allo stato puro, ma dignitoso, in quanto basta a sé stesso, tanto da non chiedere niente a nessuno. Accattone, se gli si fa un cenno, sdegnoso se lo si ignora o se in quel dato momento preferisce essere ignorato! Silenzioso nella sua compostezza, ma silenzioso anche durante le sue spedizioni punitive. Anela il contatto con l’uomo ma senza eccedenze, infatti, quando le carezze diventano per lui moleste, si difende con morsi e graffi degni del Nightmare di Steven Spielberg.
Superbo nell’allestimento che Madre Natura gli ha fornito, persegue quotidianamente il motto che l’ozio non è il padre dei vizi ma è figlio di tutte le virtù, per Rajberti trattasi di ozio filosofico. La similitudine che fa da chiave a tutto il trattato è quella gatto/uomo, paragone in cui l’uomo condivide tutti gli aspetti negativi del felino, non potendo accedere, a causa della sua natura, alla maestà e all’indipendenza del gatto. Machiavellico nella sua sovranità non disdegna il ladricinio per il puro gusto del proibito.
Il linguaggio è arcaico, ma non per questo meno accattivante, satirico nell’analisi dell’animale e profetico nella comparazione con l’uomo. Piacevole come un monologo arguto, soave, come il folto pelo lucente, che animato dal vezzo, spesso, si spinge a cercare il contatto con la vittima delle sue attenzioni. Il Gatto rappresenta, lo studio disincantato, della miseria umana, che non può reggere il confronto con la perfezione dell’animale. Moderno e rapportabile agli eventi attuali, descrive minuziosamente la vita, la politica di un mondo in continua evoluzione, ma, che come tutti gli eventi, persegue un ciclo che spesso diventa vizioso.
Marisa Padula