“Fermate la produzione”: la foresta vive davvero
Se avessimo già raggiunto il capolinea? È questo l’estremo punto di non ritorno? Possiamo ancora tornare indietro, invertire la rotta. “Fermate la produzione! Diario di un arboricolo” (Calibano Editore, 2022, pp. 88, euro 10) romanzo di Giovanni Peli dai caratteri diaristici, offre una soluzione che porta in sé qualcosa di amaro.
Il diario di un arboricolo, le confessioni di chi ha deciso di fermare la produzione. In un mondo completamente intasato dall’uomo, la terra ha bisogno di tornare a respirare, gli alberi devono espandersi, distruggere i palazzi. La comunione dell’uomo con la terra è vicina, non siamo mai stati così in pace col mondo. Qualcosa però non torna. Dov’è Anna? Dove sono finiti tutti? Dove vivono ora gli uomini? È qui che l’opera di Giovanni Peli tocca il suo livello più alto: nella fastidiosa consapevolezza che l’uomo non può più essere considerato tale. In delle pagine che si intrecciano lasciandoci addosso delle ricordanze del capolavoro delle sorelle Wachowski, Matrix e delle sensazioni disturbanti vicine a 1984 di George Orwell, la necessità è quella di tornare a sentire i vermi il sangue, la fame:
“E a me non basta tutto questo rifiorire, il rigoglio della vegetazione a me non basta. Devono spegnere davvero tutto. Ci tengono al guinzaglio; ovvero: ci tengono seduti davanti al pc. Non ci casco. Io voglio il sangue. Stanno tornando tutti gli animali, nella foresta del centro storico, e lavoreremo perché la foresta cresca dappertutto, anche nei grattacieli, nei musei, nei municipi e negli ospedali. Anna sorride, dice che prima o poi tutti i desideri si avvereranno.”
Chiediamoci se esiste o meno una soluzione allora o se esistono solo estremismi, sesso, violenza, produzione e riproduzione.
Massimiliano Pietroforte