“NEMICI. UNA STORIA D’AMORE” DI ISAAC B. SINGER
Isaac Singer è considerato come uno dei maggiori scrittori novecenteschi di lingua ebraica, nello specifico nello yiddish degli ebrei ashkenaziti. Morto nel 1991 a Miami, dopo esser stato costretto alla fuga dalla sua Polonia, Isaac Singer (fratello tra l’altro del più famoso Israel) ha trovato rifugio proprio negli Stai Uniti, non adottando però la lingua inglese per i suoi scritti. Adelphi sta ripubblicando, con merito, i suoi romanzi in nuove traduzioni. “Nemici. Una storia d’amore” (pp. 257, euro 18), tradotto da Marina Morpurgo, succede ad altri sue titoli recenti e fondamentali per comprendere il mondo dello scrittore ebraico, Keyla la rossa e Satana a Goraj, intrisi di tematiche fondanti, quali la descrizione della vita del ghetto, i temi esoterici/cabalistici, la ricerca delle origini di un Popolo che ha sempre lottato contro un male invasore.
Con “Nemici”, Singer fa un passo oltre e insedia il suo protagonista, Herman Broder, nella New York del dopoguerra, tra gli immigrati e nel caos della Grande Mela, lì dove Herman sarà sempre uno straniero in terra straniera, in balìa degli echi di un passato ancora troppo vicino. La storia è rocambolesca e sottolinea molte caratteristiche dell’universo narrativo di Singer. Ma non solo. A cominciare dal suo protagonista, che fuggito dall’Europa, vive con Jadwiga, la contadina che lo nascose ai nazisti, salvandolo dal lager, nel quale sappiamo non hanno avuto scampo moglie e figlia. Herman dice alla moglie di lavorare come venditore di libri porta a porta, mentre scopriremo che sarà il ghostwriter di un rabbino. Herman è in fondo un inetto (caratteristica della narrativa ebraico americana, se pensiamo, ad esempio, a L’uomo in bilico di Saul Bellow) e vive la sua vita nella menzogna e nascondendosi. Non di una, ma di più menzogne vive Herman: oltre a Jadiwa, infatti, l’uomo ha una relazione con una sopravvissuta ai campi di concentramento, la sensuale Masha, i cui rapporti sono passionali, sospesi tra la forza della sessualità e il fantasma di morte. Perché Herman è ancora ossessionato da quel passato nazista che pare non essere mai terminato. Così i suoi rapporti e il suo ruolo di cittadino americano sono ancora imperfetti, difficili, mai autentici. Herman si nasconde al mondo che lo circonda, alle sue donne, alla New York multietnica. E il passato torna con la sua virulenza non nei panni di un nazista, ma della sua prima moglie creduta morta nel lager: Tamara si è salvata, ha vissuto in Russia e poi è emigrata anche lei negli USA.
Rocambolesche avventure, dicevamo, e ancora la solitudine di un diverso per forza in una Terra straniera, nella quale nemmeno la solitudine stessa può rasserenare l’animo sofferente di Herman Broder. Inganni e sotterfugi lo attanagliano e l’amore resta un fantasma evanescente. Tre donne diverse che hanno un solo aspetto: quello del passato, del fantasma pronto a ripetersi dell’Orrore nazista. Herman è un uomo solo e abbandonato a se stesso. Incapace di ritrovarsi, cerca una risposta nell’amore delle donne, ma sarà l’amore a definire ancor di più l’enigma e l’inganno tragico della sua vita.
Giovanni Canadè