“I exist as I am, that is enough”

Una selezione di versi del poeta americano progressista e democratico Walt Whitman (1818-1892) per Lindau (Collana Senza Frontiere 2018, pp. 199, euro 18), restituiti in quell’armonia musicale, a noi già conosciuta, che appartiene alla traduzione di Roberto Sanesi.

Una vita dedicata alla poesia, quella del poeta di Manhattan, una poesia che si spalmò ripetutamente addosso per molti anni, il cui fulcro principale è l’America in tutte le sue insenature possibili e raccontata con quel desiderio di espandere, nei luoghi e nel tempo, l’essenza stessa della sua poesia, “Ascolta caro figlio – mia figlia o figlio, America, ascolta…”. L’incontro tra mare e poesia è come un abisso infinito e, lì dove qualcosa cambia, si trasforma in verdi pascoli e poi ancora in foreste, città, continenti, in quel progresso che volge lo sguardo verso un futuro sacrale e democratico; e ancora diventa America e di nuovo vediamo “come le pulsazioni dell’America raggiungono l’Europa, come le pulsazioni dell’Europa debitamente le echeggiano…”, fino alla fecondità della Madre Terra.

Un approccio sempre provocatorio quello di Walt Whitman, dall’abbandono delle forme metriche tradizionali all’utilizzo di una lingua greve, che ne diventa quasi una caratteristica dominante, permettendogli così di sperimentare diverse forme di linguaggi, da accostare agli elementi reali della natura e dell’uomo, dei popoli e delle razze, nelle storie conosciute e nelle storie raccontate, dagli assassinii alla guerra. Da qui avviene quella fusione tra anima e corpo – una sorta di unione, di accordo – che spesso leggiamo nelle sue poesie – quell’anima che ritroviamo in ogni essere, uomo o foglia appartenete alla sua nazione e, al tempo stesso, la morale si stacca dall’io “Io celebro me stesso, canto me stesso…” per farsi voce degli altri in un rapporto vicendevole, in una profonda immersione nell’amore prima e nella morte poi.

Marianna Zito