“VIVIAN MAIER – VITA E FORTUNA DI UNA FOTOGRAFA” DI PAMELA BANNOS
“Dobbiamo lasciare spazio a coloro che verranno dopo di noi. È una ruota – si sale e si arriva fino alla fine, poi qualcuno prende il tuo posto e qualcun altro ancora il posto di chi lo ha preceduto e così via. Non c’è niente di nuovo sotto il sole”. E forse è proprio questo il motivo per cui Vivian Maier fotografò tutto ciò che vide, per lasciare traccia al momento di cedere il posto. I negativi dei suoi scatti, come un puzzle, hanno permesso di ricostruire le strade da lei percorse e i volti da lei conosciuti, il più delle volte in sordina, restando nascosta dietro la macchina fotografica.
In una biografia ricca di dettagli e dalla struttura doppia, “VIVIAN MAIER VITA E FORTUNA DI UNA FOTOGRAFA” (Contrasto 2018, pp. 335, euro 21,90), Pamela Bannos, grazie alla traduzione italiana di Maria Baiocchi e Anna Tagliavini, ci narra minuziosamente la vita di questa fotografa e, in parallelo, gli avvenimenti casuali che portarono John Maloof alla scoperta della sua arte – rinchiusa in un magazzino – e alla conseguente presentazione al pubblico della rete, appena un anno dopo la morte di Vivian Maier, nel 2009: un vero e proprio patrimonio fotografico, scatti che Vivian Maier fece nel corso della sua vita in giro per il mondo tra il 1950 e il 1990, mentre lavorava nelle famiglie come bambinaia, e che non mostrò mai a nessuno.
Pamela Bannos, in questo percorso, vuole raccontare la vita reale di Vivian Maier, una ricostruzione documentata non solo passo per passo dalle fotografie scattate ma, soprattutto, da studi costanti e approfonditi, che vanno facilmente a contrapporsi alle storie che, chi era entrato in possesso dei suoi negativi, man mano creava o immaginava. L’autrice spiega, innanzitutto, le tecniche che la Maier utilizzava già dalle sue prime fotografie che furono scattate in Francia verso il 1950 e probabilmente con una macchina compatta a soffietto; mentre nel 1952, all’età di 26 anni, con una Rolleiflex in bianco e nero, una vera macchina per professionisti. Abbiamo quindi l’immagine di una fotografa esperta e sicura di sé, che sa benissimo cosa fare e come usare gli strumenti che ha a disposizione: nasce così una competente street photographer. Accanto alle storie e alle voci create per assecondare il business, si tesse quindi il filo di una vita molto più avvincente e ricca di particolari personali e familiari, rimasti fino a oggi sconosciuti.
Il lavoro principale è stato quello di allontanarsi dalla domanda “Chi è Vivian Maier?” per capire cosa fece effettivamente: da viaggiatrice giramondo – contesa tra la Francia e l’America – fotografa paesaggi, adulti e bambini in posa con vicino animali e poi cimiteri e cortei funebri, e ancora set cinematografici; col passare degli anni è evidente anche un’evoluzione delle sue tecniche. Uno studio approfondito sulla sua famiglia, sulla sua vita e sulla sua fotografia non solo attraverso le immagini, ma anche attraverso fonti ufficiali e ufficiose. Mentre restiamo affascinati da tutto questo, allo stesso tempo, assistiamo all’evolversi del nuovo mezzo espressivo che è la fotografia e di tutte le varie forme che questa arte grafica assume con il passare del tempo e ancora al business e alle immagini e alle notizie in rete su questa fotografa che, anche dopo la sua scomparsa, continua a evolversi e a far rumorosamente parlare di sé. Come una seconda vita.
Marianna Zito