Vivian Maier: un’esplosione di bravura a colori
“Noi danziamo in cerchio coi nostri chissà, ma il segreto sta fermo al centro, e sa” – Robert Frost, The Secret Sits, 1942
La fotografia è imprevedibile, evocativa, nasce da uno sguardo, da un particolare, da una forma d’acqua, da un vestito lacerato, da un intreccio di mani, da una vetrina decorata, da uno specchietto. La fotografia di Vivian Maier nasce dalla curiosità e da un occhio allenato a cogliere l’essenza dei sentimenti dislocati per le vie di Chicagoland.
“Una delle verità della fotografia è che i migliori street photographer imparano a essere invisibili, o se non altro a convincersi di esserlo.”
Nella premessa, Joel Meyerowitz esplica bene questo concetto apportando l’esempio di Vivian Maier che fa la sua comparsa nella storia della street photography nel 2009. L’inquadratura, il gioco degli autoritratti negli specchi e nelle ombre, l’audacia nella scelta delle persone da fotografare e la disinibita vicinanza da cui scattava, l’ironia e l’umorismo sono pochi degli ingredienti che caratterizzano l’arte di Vivian Maier. L’esistenza di Vivian Maier è avvolta, però, nel mistero. Quanto si conosce di questa donna dal talento eccezionale? Poco se si pensa che sono circa 140.000 le fotografie a raccontarci di lei. Vivian Maier è nata a New York nel 1926, nel 1951 cominciò seriamente a interessarsi di fotografia e di mestiere faceva la bambinaia. Poche informazioni essenziali per delle fotografie straordinarie che esplorano “generi diversi, dal ritratto alla fotografia d’architettura o di paesaggio”.
“Vivian Maier A colori” di Colin Westerbeck (Contrasto, pp. 240, 150 fotografie a colori, euro 49) è un manuale prezioso per tutti quelli che amano la figura di Vivian Maier e il suo talento singolare per gli scatti. L’occasione è quella di apprezzare, a colori, una delle figure più misteriose della storia della street photography.
Debora Colangelo