Vittorio Sgarbi e il suo “Ecce Caravaggio” al Salone Internazionale del Libro
Lo aspettiamo ogni anno Vittorio Sgarbi. Lo aspettiamo anche se tarda, se divaga, se cita fonti, avvenimenti e personaggi che, fino a quel momento, ignoravamo. E anche a questo Salone lo abbiamo aspettato, trepidanti; come allievi che aspettano il Maestro, a non voler perdere nemmeno una parola. E qui ci ha portato la sua nuova uscita per La nave di Teseo “Ecce Caravaggio. Da Roberto Longhi a oggi” (ed Elisabetta Sgarbi è lì, brillante come sempre, in prima fila) e, in contemporanea il ritorno di un altro suo libro, per la stessa casa editrice, “Il punto di vista del cavallo”.
“Caravaggio è con noi, partecipa alla vita e ci chiama a vivere la sua”
Ed ecco che Sgarbi racconta, collega epoche, personaggi e autori e, mentre il tempo vola, arriviamo alla fine dell’incontro, ma lui ha appena cominciato a parlare. Perché le cose da dire sono tante, sempre troppe. Parla del suo periodo di pandemia, del suo male, di Roberto Longhi, Tina Sgrò, Roberto Calasso, Velázquez, Mattia Preti, del barone von Gloeden, del valore delle opere d’arte. Quale è questo valore? È “La considerazione che noi abbiamo del peso dell’anima dell’artista” a determinare il valore dell’opera.
E poco prima della fine di quel tempo che quando serve non basta mai, ecco l’“Ecce Homo”, a rappresentare gli ultimi anni di vita del Caravaggio ed ecco anche Pier Paolo Pasolini, a raffigurare la doppia vita di questo artista, che trova, nelle strade di Roma, gli stessi ragazzi di vita ritratti dallo stesso Caravaggio.
Marianna Zito