“Vite inceppate”, il romanzo di Patrizio Pinna
Quando il lavoro inizia a diventare routine, scatta dentro di noi qualcosa che ci incanala verso delle decisioni da cui non ci si può sottrarre. È un processo lento, graduale ma inesorabile verso il quale prima o poi bisogna approcciarsi. Una presa di coscienza che quella routine inizia a divenire oppressione. Come afferma Thomas Brasch “A lavorare può pensarci solo chi non ha voglia di vivere; per gente veramente consapevole esistono solo due possibilità: artista o criminale”. Se poi ci si approccia alle parole di Aldous Huxley “Il lavoro non è più rispettabile dell’alcol, e serve esattamente allo stesso scopo: distrarre la mente”.
Considerazioni estreme ma reali se paragonate con la storia narrata in questo romanzo “Vite inceppate” (Castelvecchi Editore, 2022, pp. 224, euro 20) di Patrizio Pinna, da leggere per potersi immedesimare in un contesto lavorativo che opprime e annulla l’esistenza di Patrizio e Federico. È come se le loro vite si fossero bloccate esattamente come quelle copiatrici a cui sono dediti durante il loro orario di lavoro. Copiatrici da riparare perché inceppate esattamente come le loro esistenze senza via d’uscita.
“Un ragazzo alto con un vestito in tweed mi passa accanto parlando tranquillamente con un cellulare di ultima generazione. Regge una ventiquattrore in pelle arancione e cammina con le spalle dritte. Sembra maledettamente sicuro di sé. Per un attimo lo invidio, non è questione di soldi o di classe, non solo perlomeno, quanto di possibilità e informazione”. Il tempo che passa e inceppa i pensieri e i desideri di due persone come tante, rinchiuse in un limbo nel quale faticano a districarsi e da cui inesorabilmente non riescono ad uscire.
Un bel romanzo, triste e crudo. Una testimonianza forte di ciò che è diventato il mondo del lavoro odierno fatto di ansie, paure, tensioni e soprattutto incertezza per un domani che non dà certezze e spinge anime inquiete e coscienziose verso decisioni radicali. Perché nella vita, a volte, bisognerebbe avere il coraggio di mollare tutto e cambiare. Perché la vita è cambiamento. È la stasi che uccide.
Salvatore Di Noia