“Virginia Woolf”: “l’elegante biografia letteraria” di Winifred Holtby
“Io sono un essere umano. Sono un’artista. Il mio obiettivo è la bellezza, e la scoperta e la creazione delle sue diverse forme. Intendo scrivere. Intendo dipingere. Intendo comporre musica. Perché, in fondo, ce ne sono tante altre che possono produrre bambini e marciare in corteo, ma io sola possiedo una mia visione personale della realtà e della bellezza.”
Lo scritto di Winifred Holtby (1898-1935) – letterata inglese degli inizi del Novecento – su Virginia Woolf è, senza ombra di dubbio, una “elegante biografia letteraria” scritto nel marzo del 1931. L’autrice incontrò Virginia Woolf almeno in due occasioni, ma quest’ultima non lesse mai e né autorizzò le affermazioni di questo testo, elargendo solo consigli sulla schiettezza e l’imparzialità da dedicare all’opera.
La grande capacità della Holtby è quella di raccontare la vita di colei che all’epoca era Virginia Stephen in unione con le opere letterarie che scrisse. Figlia di un erudito letterato inglese e di una “bella, imperiosa, materna” donna – dedita anch’ella alla scrittura – che morì quando Virginia aveva soli tredici anni. Vediamo che questa coppia sembra facilmente apparire, ad esempio, in due dei suoi romanzi, La crociera e Gita al faro. Da loro nasce la scrittrice che conosciamo, cresciuta tra Londra e tra le acque della Cornovaglia. Ed è da qui, dalla sua infanzia, che il mare – “con la sua energia e la sua libertà” – comincerà a influenzare la sua scrittura sia nei luoghi scelti fisicamente sia metaforicamente dai suoi personaggi, come in Mrs Dalloway, Night and Day, Le onde, La stanza di Jacob o in Gita al faro. Anche quando i personaggi si ammaleranno di disturbi psichici, la loro collocazione sarà nei fondali marini, “tra le acque grigie coi loro improvvisi bagliori di luce e i loro riflessi”.
Una ragazza timida, sensibile e riservata, innamorata dell’età elisabettiana, elemento anche questo che influenzò molto i suoi romanzi e anche, psicologicamente e fisicamente, i suoi personaggi. Profondo il legame con sua sorella Vanessa (la pittrice Vanessa Bell) e con giovani uomini intellettuali, come suoi fratelli e i suoi fratellastri, infatti “tutti i suoi personaggi scrivono, dipingono, tengono lezioni, insegnano, rileggono i classici o redigono studi al British Museum”. Oltre alla formazione che ebbe come scrittrice, fece anche pratica da sola, soprattutto grazie al libero accesso alla biblioteca paterna e alla conoscenza dei classici. La sua carriera cominciò come critico per The Times Literary Supplement e nel 1912 sposò il pubblicista Leonard Wolf, un marito che la coinvolse nei suoi interessi politici e condivise sempre i suoi principi morali e che credette subito nel suo talento, senza relegarla tra le mura domestiche, in un periodo storico in cui per le donne era difficile emergere all’interno della società, nonostante avessero scoperto “lo spirito critico e l’intuito, e i ricordi, e il subconscio, e il sesso”.
Winifred Holtby con “Virginia Woolf” (Elliot Edizioni, pp. 171, euro 18, traduzione di Gianluca Testani) mostra, anche attraverso testimonianze dirette, la sua grande ammirazione per la scrittrice, non senza fermarsi a riflettere sui limiti di alcune sue scelte tematiche che colloca abilmente “nell’accesa battaglia tematica del suo tempo”.
Marianna Zito