UNDERGROUND DAY: presentazione il 27 ottobre a Roma
Underground Day
Sotterranea, antagonista, alternativa.
Quando la cultura rompe con il mainstream
Nella splendida cornice della libreria Eli, parleremo di cultura underground e di come, nelle varie epoche, si sia confrontata e scontrata con la cultura mainstream.
Vi aspettiamo il
27 ottobre 2023 – h. 18,30
viale Somalia 50/A Roma
ne parliamo con
Luca Pollini, editore e direttore Re Nudo
Lidia Ravera, scrittrice e giornalista
Francesco Bevivino, editore
Francesco Palombi, editore
A seguire brindisi, esposizione di libri a tema, e percorso fotografico.
ufficiostampa@elemento115.com
Rossella Bevivino | ufficiostampa@elemento115.com | www.elemento115.com
Re Nudo è stato un sogno. È stato l’unico giornale underground italiano, il primo che ha fatto capire alle migliaia di suoi giovani lettori che il mondo stava cambiando e che loro potevano essere i protagonisti di questo cambiamento. E quel sogno – iniziato nel 1971 – si stava trasformando in realtà pochi anni dopo, nel 1974, quando a Milano per la prima volta il Festival si è svolto al Parco Lambro. Erano anni in cui c’era troppa violenza per le strade, dove tutto era
troppo politico e nessuno si occupava più della nostra – di noi giovani e giovanissimi – “vita privata” e dei suoi re l a t i v i p ro b l e m i , n e m m e n o l e f o r m a z i o n i extraparlamentari che andavano per la maggiore. Piaceva il mix tra Mao e la libertà sessuale, la mescolanza tra il comunismo e il rock, tra test su Lsd e pacifismo. I “renudini” non facevano cortei, non scendevano in piazza, non avevano nulla a che spartire con la violenza degli anni di Piombo, con la lotta armata. Re Nudo era un calderone dove ribollivano, in una meravigliosa confusione, ingredienti underground con qualche rimasuglio di ciò che di buono era stato il Sessantotto. Era una specie di vademecum sulla ribellione. Pacifica, ovviamente. Oggi Re Nudo torna, più attivo e moderno che mai, con la volontà di regalare un sogno e una nuova via all’underground. Un sogno nuovo: perché il suo ritorno sulla scena culturale non è un’operazione nostalgica.
Rossella Bevivino | ufficiostampa@elemento115.com | www.elemento115.com
«L’immagine cambia completamente, il boom del look ha le sue radici nel ’77 dove viene liquidato tutto l’abbigliamento dei gruppuscoli della sinistra, vale a dire l’eskimo, i famosi zoccoli olandesi, la gonnellina a fiori delle femministe, i capelli riccioluti, le barbe: tutto questo viene messo da parte. Il cambiamento avviene su noi e sull’io, via col gioco delle masse giochiamo a essere se stessi. Che cosa avviene allora? Avviene una parcellizzazione, una divisione totale; tante tribù, tanti pianetini: intellettuali, new wave, punk, rockbilly, ognuno aveva la sua divisa».
— Roberto D’Agostino
«Io col ’77 ho un brutto rapporto, voglio dirlo subito (…) loro non volevano essere rappresentati e questa era già una bella contraddizione, perché tutti i loro atteggiamenti, tutti i messaggi che mandava l’ala creativa sembravano inventati da un supercopywriter e destinati a propagandare al massimo un prodotto, chiamato trasgressione: se noi eravamo quelli della contestazione loro erano quelli della trasgressione. E che cosa trasgredivano? Assolutamente tutto, menavano colpi a casaccio. Prendiamo per esempio il sesso: noi contestavamo la repressione sessuale e volevamo liberare gli impulsi più profondi, per loro il sesso era rifiuto della produttività, rifiuto del lavoro, alzarsi tardi alla mattina… sembrava l’anticamera dello sbraco non la liberazione della sessualità.
— Lidia Ravera