Una travolgente e sognante lotta tra il Bene e il Male: “La bella addormentata”
Il Natale al Teatro Regio di Torino vuol dire Balletto: l’aria natalizia ha iniziato a diffondersi nel foyer e in sala con la celebre opera di Pëtr Il’ič Čajkovskij, “La bella addormentata”, portata in scena dal Balletto del Teatro Nazionale di Praga, che dal 2021 la ripropone con successo nei suoi tour dopo averlo preparato sotto la supervisione della sua creatrice, Márcia Haydée.
La storia si dispiega tra le splendide e colossali scenografie e nei meravigliosi costumi coloratissimi, opera dell’occhio critico e perfezionista di Pablo Nuñez, con cui la Haydée ha lavorato per la realizzazione. Il lavoro della coreografa, dall’esordio della sua Bella addormentata a Stoccarda nel 1987, ha avuto un successo internazionale e tutta la grande famiglia del balletto mondiale ha adottato questa sua versione efficace. Ispirata dal punto di vista coreografico all’originale di Marius Petipa, padre del repertorio ottocentesco in Russia, e dal punto di vista narrativo alla fiaba di Charles Perrault, la firma della Haydée si nota nel cambio di focus che opera in direzione del rapporto tra il bene e il male. Carabosse da figura di caratterista-mimo destinato al fallimento acquista importanza e centralità sulla scena e la lotta tra il buio e la luce (Carabosse e la Fata dei Lillà) diventa preponderante nella narrazione. E Carabosse, interpretata solo da protagonisti maschili incisivi e in particolare da John Powers nella rappresentazione cui ho assistito, invade letteralmente con il nero una scena dai colori vivi e mutevoli e trasporta gli spettatori, con la sua interpretazione icastica e travolgente, in una storia in cui né il male né il bene vincono, ma convivono. Carabosse diventa quindi il simbolo dell’oscurità nel cuore di ciascuno, sempre in agguato ma impossibile da estirpare. La Fata del male usa spesso anche il proscenio a sipario chiuso, quasi a diventare il narratore stesso e a muovere le fila di quanto succede sul palcoscenico. Inutile dire che sia diventato il mio personaggio preferito, che stride volutamente e spezza le forme della favola così come la si è sempre conosciuta. Da “macchietta” grottesca si trasforma in un personaggio tormentato, dal profilo psicologico fine, emotivamente fragile e arricchito da sfumature che si distaccano dal monocromatico nero di cui si veste. Proprio Carabosse alla fine del balletto saluta e mette in guardia il pubblico. Sul palco con lui si alternano le colorate Fate che rappresentano i doni del battesimo di Aurora e i quattro aspiranti alla mano della fanciulla, che nel loro pas de quatre mostrano tutta la loro bravura, perfezione e cura del dettaglio, in un movimento perfettamente coordinato e preciso, con linee e salti impeccabili. Armoniosa ed elegante tutta la corte e ovviamente Aurora e Désiré, che in ogni movimento nel pas de deux dell’ultimo atto raccontano tutto il romanticismo racchiuso in questa fiaba. Risulta interessante la scelta di narrare il trascorrere dei cento anni in cui Aurora e la corte sono soggetti all’incantesimo del sonno, con una scena popolata da ballerine vestite secondo la moda dell’800, che segnano un distacco rispetto agli abiti settecenteschi indossati dal Re e dalla Regina nelle scene precedenti. L’atto conclusivo rimane nel cuore di tutto il pubblico per i personaggi di molte fiabe, invitati al matrimonio, che compaiono sulla scena: Alì Babà e le sue ballerine-gemme, la Gattina bianca e il Gatto con gli stivali, la Principessa Florina e l’Uccellino azzurro, Cappuccetto Rosso e il Lupo, Biancaneve e i Sette Nani, insieme ad altri figuranti, protagonisti di molte altre storie. La bella addormentata in questo allestimento resta una meravigliosa esperienza per i più grandi e i più piccoli, con specifiche accuratezze che permettono di rivivere la fiaba in un’ottica più riflessiva, ma interpretata sempre e solo da artisti di altissima levatura.
La magia del Balletto continuerà ad allietare il pubblico del Teatro Regio di Torino durante le vacanze natalizie: dal 22 al 31 dicembre sarà il turno del “Don Chisciotte” di Ludwig Minkus, portato in scena dal Teatro Nazionale dell’Opera di Kiev.
Giulia Basso
Fotografia di Martin Divišek