“Una svastica sul viso” di Luca Buoncristiano
Charles Manson è stato il criminale statunitense più famoso al mondo, noto per essere il mandante delle stragi Tate-LaBianca dove vennero uccise sette persone tra le quali Sharon Tate, la moglie del regista Roman Polanski, incinta di otto mesi. Con un’operazione di docu-fiction letteraria, frutto di un gioco tra finzione e realtà che utilizza le dichiarazioni dello stesso Manson, Luca Buoncristiano costruisce un monologo, uno stream of consciousness del Manson più intimo. Il risultato è “Una svastica sul viso” a cura di Gabriele Nero (El Doctor Sax, pp. 138 , euro 10,90) un autoritratto surreale e lisergico, la disperata confessione di una delle più celebri icone del male, malgrè lui.
Ho ucciso qualcuno ? È questa la frase con cui Luca Buoncristiano termina la maggior parte dei capitoli del suo libro che vuole riscoprire un Manson fragile, ma allo stesso tempo pieno di rabbia verso il mondo e verso una società che l’ha sempre discriminato. Tra il surreale e il grottesco l’autore ci fa ripercorrere la vita del forse più famoso criminale della storia americana. Manson nasce nel 1934 a Cincinnati e passa la maggior parte della sua vita in prigione; vive in un’epoca storica piena di eccessi, droghe, alcool e violenza. L’autore ripercorre la sua vita, cercando di portare il lettore nella testa di Charles mostrando un uomo che fin dai primi anni della sua esistenza ha subito abusi e violenza, cresciuto senza genitori e senza punti di riferimento.
Quello che traspare da quest’opera è un’accusa alla società consumistica, alla guerra e al capitalismo; non si ha mai, però, la percezione di cosa sia reale e cosa abbia inventato l’autore nel rappresentare i pensieri e descrivere gli avvenimenti storici. Lo stile di scrittura del “docu-fiction-libro” è volutamente distorto, confusionario proprio come i pensieri dello stesso Manson, ma dopo le prime pagine ci si abitua e ci si lascia condurre nella mente del carismatico Man-son (figlio dell’Uomo).
“Dopotutto, ho vissuto malgrado tutto affinchè la mia esistenza fosse un disturbo.”
Christian Vaccaro