“UNA ‘SAVIA BAMBINA’, GIANNI RODARI E I MODELLI FEMMINILI” DI MARZIA CAMARDA
“Una ‘savia bambina’, Gianni Rodari e i modelli femminili” – edito da Settenove (2018, pp. 221, euro 17) – è un saggio dedicato ai bambini, alle bambine e ai loro genitori per imparare a vivere meglio. L’obiettivo è di certo ambizioso ma ad accorrere in aiuto dei lettori c’è l’attenta analisi di Marzia Camarda che, attraverso una rilettura dei testi di Rodari, ci aiuta a comprendere il significato nascosto dietro i personaggi principali nati dalla sua penna. Nel saggio della Camarda – imprenditrice culturale ed esperta di letteratura comparata – vengono analizzati temi cari a Rodari, quali: il corpo, il lavoro, il matrimonio, la famiglia e i ruoli e modelli educativi. In ciascuno di essi, l’autrice marca sempre la sensibilità pedagogica di Rodari, tanto che ogni capitolo si trasforma in un prezioso insegnamento da conservare nella nostra memoria. Bambine e donne dell’opera rodariana non sono affatto le “fanciulle belle e brave” di cui siamo abituati a leggere nelle fiabe di sempre. Rodari traccia un modello del tutto nuovo, sovversivo per certi versi, in cui le donne sono intraprendenti e indipendenti, non hanno bisogno di un principe azzurro che le salvi e poi le sposi perché sanno salvarsi da sole e si sposano, forse, ma solo per amore e solo se poste sullo stesso piano del consorte. Sono bambine e donne protagoniste che disobbedendo rivendicano la loro autonomia.
Romoletta, Atalanta, Enrica, Rita, Delfina – solo per citarne alcune – sono lontane dall’essere paragonate a delle “bambole” e infatti, anziché sottolineare la loro fragilità, viene esaltato il loro carattere avventuroso e anticonvenzionale, che solitamente è riservato per descrivere i maschi. Per rendere chiaro il suo messaggio, la Camarda ci fa notare come Rodari utilizzi un linguaggio semplice ma sorprendente e come si soffermi su alcuni dettagli che da sempre vengono associati al concetto di femminilità. È il caso, ad esempio di Rita, la “bambina dai capelli d’oro” che tagliando i suoi capelli, taglia indirettamente anche le sbarre della sua gabbia, rifiutando coraggiosamente il modello imposto. Ma non si ferma qui Rodari, si spinge oltre, descrivendo anche il corpo di queste donne e la percezione che loro stesse ne hanno. Ancora una volta viene messa in risalto la loro abilità fisica che le rende meno fragili agli occhi di chi le circonda, fintanto che la loro forza fisica riflette la loro forza interiore. Emergeranno in ogni caso, ma non per la loro bellezza, piuttosto per la loro intelligenza e prestanza fisica. Non è necessario, per Rodari, citare gli attributi fisici di ciascuna di esse, per questo nella filastrocca La luna al guinzaglio egli scrive di una “savia” bambina e non di una “bella” bambina. Attraverso la figura di Atalanta – simbolo del perfetto connubio tra grazia e forza – Rodari ci ricorda di come sia possibile, oltre che auspicabile, non dover per forza scegliere di essere una cosa piuttosto che un’altra e proprio per questo risultare ancora più belle.
La donna rompe i soliti schemi che la vogliono come angelo del focolare domestico e si dedica ad un lavoro fuori da casa, che deve essere letto come fondamentale strumento di emancipazione. Smette così di dipendere economicamente dal marito e far ruotare la sua vita intorno a lui, assumendo anche lei, all’interno della coppia, il ruolo che merita. Solo così il matrimonio diventa una scelta e cessa di essere considerato la tomba delle proprie ambizioni. L’idea della donna, che in silenzio accetta di buon grado tutto ciò che le viene proposto, perché questo le garantirà un futuro “sicuro”, è un tema spesso ricorrente nelle favole. Basti pensare alla Cenerentola narrata da Perrault, bella ma fin troppo umile e sottomessa. Non c’è nulla di più lontano dalla Cenerentola- Delfina di Rodari che, ritenendo la docilità sintomo di debolezza, lancia una provocazione ai lettori facendo compiere alla sua protagonista un gesto di assoluta trasgressione, che sarà motivo di apprezzamento perché in fondo di una moglie remissiva e trascurata, anche un “Principe non può che annoiarsi in poche settimane”.La Camarda non manca di far presente come lo stesso messaggio educativo lanciato da Rodari venga ripreso in altre fiabe ma, a differenza di altri scrittori, egli sottolinea che il sostegno e rispetto reciproco sono i cardini su cui deve basarsi una famiglia, dove sia la mamma sia il papà sono posti sullo stesso livello. Il modello che vede il papà autoritario e assente e la mamma dolce e apprensiva, è inefficace e destinato a fallire, per questo propone una nuova genitorialità in cui ci si ascolta e si cresce insieme. La famiglia è riconosciuta come il primo nucleo di cambiamento della società per cui, se vogliamo davvero imparare a vivere meglio, dobbiamo iniziare a cambiare il rapporto che abbiamo con i bambini, ed educarli, fin da piccoli, all’uguaglianza.
L’invito è quello di leggere questo saggio e magari provare a rileggere le opere di Gianni Rodari, in una nuova ottica, prestando attenzione a un autore ritenuto da sempre una pietra miliare nella letteratura per l’infanzia.
Sara Pizzale