Una questione di cuore: “Cardio Drama. Spettacolo semiserio su un organo quasi perfetto”
Il Teatro è pericolo. Lo è anche la vita. Quella di ambientare una pièce teatrale come “Cardio Drama. Spettacolo semiserio su un organo quasi perfetto” – al Teatro Spazio Tertulliano di Milano, 9 e 10 dicembre – in un ospedale, rendendo protagonista l’organo più importante e imprevedibile del corpo umano, potrebbe non a caso apparire a prima vista come una scelta eccentrica se non addirittura rischiosa, quasi al livello di un’operazione a cuore aperto. Non fatevi spaventare dal titolo: “Cardio” non sottintende che lo spettacolo è rivolto a un pubblico di addetti ai lavori (medici cardiologi) e “Drama” va inteso in senso lato e non vuol dire che non ci sarà anche da ridere, e molto; focalizzatevi invece sul sottotitolo “spettacolo semiserio su un organo quasi perfetto”, che ben sintetizza l’intenzione di cogliere quanto nella nostra vita comico e drammatico siano sempre tra loro profondamente intrecciati.
Protagonista di questa intelligente e divertente tramedy – scritta da Giulia Lombezzi su libera ispirazione dei libri di Claudio Cuccia (primario di Cardiologia della Poliambulanza di Brescia) – è Giovanni; o meglio il suo cuore, le cui “bizze” fanno sì che il protagonista, interpretato da un bravissimo Tomas Leardini, si ritrovi nel cuore della notte in un pronto soccorso, circondato da attenzioni non desiderate, a rispondere a strane domande e farsi toccare in luoghi del suo corpo che preferirebbe rimanessero privati. In più, a conferma dell’estrema drammaticità della situazione, senza caricatore del telefono. Leardini, solo in scena, interpreta non soltanto Giovanni ma anche il medico, a cui non a caso somiglia, e soprattutto un cuore romagnolo e “pompatissimo” capace di emergere come personaggio a sé dotato di personalità e vita propria; su questo personaggio, molto divertente, siamo pronti a scommettere come sicuro protagonista di un futuro spin off di successo. Grazie all’ottima regia di Vittorio Borsari e della stessa autrice Giulia Lombezzi la vicenda di Giovanni ci viene raccontata attraverso i diversi punti di vista di questi “personaggi”, a cui si alternano autentiche testimonianze video di persone comuni, normali utenti” ospedalieri come potremmo essere noi, che ci restituiscono diverse visioni di questo micromondo.
Una “location”, l’ospedale, a cui è legato il successo, da E.R. in poi, di un’incredibile quantità di fiction televisive: 163, come testimonia Wikipedia. Queste serie sono solitamente giocate, quasi esclusivamente, su un registro specifico, drammatico piuttosto che comico (fa eccezione, in positivo, “La linea verticale”, basata sull’esperienza personale, come paziente e autore, del compianto Mattia Torre). Il Medical Drama è indubbiamente un fenomeno molto più consolidato “su pellicola” (se si può usare ancora questo termine) che sul palcoscenico teatrale, e comunque raramente viene sviluppato in senso “tramedy” come avviene in questo Cardio Drama. Eppure la nostra esistenza è, nel suo complesso, una storia a cavallo tra commedia e incombente tragedia, e l’ospedale è il primo luogo, e nella maggior parte dei casi l’ultimo, in cui di fatto è ambientata la nostra vita. Tutto ciò che riguarda l’ospedale ci risulta, che lo vogliamo o meno, in qualche modo “familiare” e richiama inevitabilmente in noi qualche ricordo o emozione profonda: il suono implacabile dei macchinari, i colori indefiniti e indefinibili delle pareti, persino i suoi menù punitivi sono riferimenti allo stesso tempo universali ed estremamente personali, perché ognuno di noi può ricollegarli alla propria specifica esperienza, diretta o indiretta (un’operazione, una visita a un parente ricoverato, la nascita di un figlio).
Questo “Cardio Drama” ha il merito di non speculare su questa garanzia di identificazione e di non avere come obiettivo né la “lacrimuccia” legata al triste ricordo personale né la “risata facile” che l’esperienza di alcune assurdità ospedaliere potrebbero facilmente suscitare nello spettatore. In questo spettacolo si ride, certo, e molto, e anche ci si emoziona, ma soprattutto si riflette sullo “specchio” in cui medico e paziente si riflettono, ciascuno con il proprio ruolo e la propria identità, come personaggi della stessa commedia, la vita, di cui non abbiamo mai la possibilità di conoscere in anticipo il copione della scena successiva. Un’ operazione a cuore aperto perfettamente riuscita, il pubblico è vivo (e applaude, si emoziona e si diverte). L’augurio, a medici (la Compagnia Chronos Tre) e pazienti (noi pubblico) è che possa essere presto trapiantata su palcoscenici sempre migliori, quelli che si merita.
A.B.