“Un volontario dal pubblico” è il nuovo album del cantautore romano MustRow – La recensione
Lo scorso 23 ottobre è uscito “Un volontario dal pubblico”, il primo disco in italiano di MustRow, all’anagrafe Fabio Garzia, cantautore romano, con all’attivo, oltre a rilevanti collaborazioni con Elisa, Noemi, Marracash e altri artisti, un album in inglese dal titolo “Sugar Baby” pubblicato nel 2019. “Un volontario dal pubblico” è un disco rock con un connubio funzionale con il sintetizzatore, si tratta di dieci tracce incisive, con ritmi e melodie che colpiscono subito.
Tutte le canzoni sono state scritte, arrangiate e prodotte da MustRow, ma andiamo nel dettaglio, partendo dalla title track che apre l’ascolto.
“Un volontario dal pubblico” parte subito con un ritmo e un riff al quale è difficile resistere, muoversi a tmpo è un atto spontaneo; il testo vuole essere una provocazione verso chi sta sul palco rispetto a chi fa parte del pubblico, incentivata dalla chitarra graffiante con una lieve inflessione blues: “dietro al sipario il pubblico chiama, mostraci ancora le tue abilità, la folla è esigente e senza bandiera, è tua responsabilità”.
“Oggi sto bene” è un gran bel brano con un synth di grande impatto che esalta la cadenza ritmica, che coinvolge insieme alla melodia, che rimane subito impressa. Il testo parla di una storia d’amore finita con versi ad alta reazione: “è la fine del mondo, ma rimango a guardare e non mi frega niente di starti a sentire”.
“Male(dire)” è una canzone con una metrica e un ritmo serrato e un intrigante assolo, per un testo che vuol tentare di estirpare la sofferenza di una condizione inevitabile: “è così che vado giù e mi lascio andare, cancellando facilmente ogni morale, sentirmi libero e poter esagerare fra quella gente che vorrei un po’ maledire”.
“Ho paura di te” è una ballad intima e profonda, che mette a nudo la paura dell’altro e di ciò che potrebbe succedere: “ho paura di te perché pensi che sia giusto cambiare, ma lo sai che ci sto male perchè senza aria non ho mai imparato a respirare”.
“Non è musica” è un vero e proprio inno, che va a puntare il dito verso chi si sente su un piedistallo; anche in questo brano, il ritmo e melodia agganciano da subito: “ma cosa vuoi, tu non lo sai, ma va bene così, io ti guardo da qui, bevo e rido dei tuoi guai”.
“Come si fa” un brano lento e struggente, che inizia con un arpeggio maliconico e cupo, in linea con il testo, un percorso di vita costellato di sogni, percorsi in salita, cadute ed errori: “salire fino in cima per vedere un po’ più chiaro e poi cadere un’altra volta e ritrovarsi qua”.
“Fermarmi qui” è un brano dal grande mordente, con un synth potente così come la melodia e il testo, che racconta la ricerca di un’attenzione e di un momento in cui tutto possa apparire perfetto e poi fermarsi, anche se il tempo scandisce ogni secondo: “ma tu fermami qui dove tutto è perfetto”.
“Caffelatte e sigarette” è una ballata acustica e intensa, venata di malinconia, che parla di una relazione tra due persone, ma con la consapevolezza che non avrà un futuro: “io lo so cosa è per te, che ti piace il mare, il sole caldo e che non vorresti me”.
“Pagliaccio” è un brano ruggente dalle prime note, dedicato a una donna che si nasconde come fa un pagliaccio, che “indossa la faccia da sera, quella che ride, ma fa paura”, dopo la fine di una storia lasciando strascichi amarezza e rabbia.
“Un passo ancora” è un brano crudo, dai cori cupi che ben cullano il riff di chitarra prima di lasciare spazio alle strofe che alternano parlato al cantato, con versi che fanno fuoriuscire sentimenti e dolori interiori: “sorrido a denti stretti, non lascio chiuder gli occhi, e nelle mani ho solo polvere e non sento neache più il calore”.
Un disco rock trascinante e coinvolgente, ogni brano fa centro, belli i testi e le interpretazioni, insomma un ottimo lavoro. Assolutamente da ascoltare per chiunque ami il rock, le chitarre, ma soprattutto la grande energia, sia nei brani veloci, sia nei lenti.
Roberta Usardi
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