“Un milione di piccole cose”: Andrea Fornari arriva dritto al cuore con il suo primo disco in italiano
Il 2 aprile 2021 è uscito per Ghost Records “Un milione di piccole cose” di Andrea Fornari, cantautore e polistrumentista di Torino. Questo nuovo album è il primo in lingua italiana, dopo l’EP “Home” del 2016, l’album “ERA” del 2018 e l’EP “Tempo” nel 2020 in lingua inglese.
L’artista afferma che questo disco “è una danza leggera nello spazio” e si sente: nei dieci brani sono molteplici i rimandi agli astri e a una dimensione ultra-terrena, da “Supernova” a “Pegaso” a “Satellite” o “Nel cosmo”. La tracklist comprende anche un Intro e un Outro, che introduce e conclude la danza, attraverso sonorità che mescolano strumenti acustici all’elettronica, a volte con qualche vena orientaleggiante e con beat coinvolgenti. I versi raccontano stati interiori usando metafore spesso appartenenti allo spazio, enfatizzando gli stati d’animo e arrivando all’orecchio in modo sincero e diretto.
L’artwork, a cura di Mauro Menin, mostra un ritratto lievemente sfocato di Andrea Fornari su uno sfondo dorato: rappresenta bene il mondo delle emozioni, presenti, ma libere e volatili, senza contorni precisi. Tutte le canzoni sono state scritte da Andrea Fornari e prodotte, mixate e masterizzate da Maurizio Chiaro, a parte “Nel cosmo (remix)” e “Solo mai” che vedono la co-produzione di Waxlife.
Andiamo più a fondo brano per brano.
“Volevo dirtelo con un intro” è un benvenuto acustico, con la chitarra dal sapore blues e una melodia soave, una dichiarazione di intenti per ciò che verrà dopo.
“Un milione di piccole cose”, la titletrack, è un brano pop, una ballad intensa, in cui l’elettronica si abbina perfettamente agli strumenti acustici che danno piena realizzazione ai versi d’amore: “ti farò volteggiare nello spazio il tuo corpo piccolo e perfetto per proteggerlo da questo mondo”.
“Muraglia cinese” coinvolge dalle prime note in un’atmosfera malinconica e avvolgente, con un beat che trasporta altrove rispetto alla realtà, che mostra la vita di due persone e l’esistenza, tra loro, di una muraglia cinese, anche se invisibile: “mi dicevi spesso come è bello questo sole, come scalda la mia faccia, anche se non è stagione”.
“Pegaso” è una canzone d’amore intensa di unione e comunione con l’altro, con un riff orientaleggiante che avvolge pienamente nel ritornello: “ti cercherò nel cielo boreale noi brilleremo come Pegaso”.
“Supernova” è un brano intimo e introspettivo, che nel testo rivela insicurezza e indecisione in confronto all’altra persona, definita da subito come una supernova, ma senza mai arrendersi: “e non so bene dove mi trovo, chiedo perdono non sono sicuro e vado fuori tempo, non mi riconosco, un buco nero, e non so bene dove cercare, questa luce che può bruciare anche il sereno, come fosse una foresta solo ancora, brucia ancora, come fossi, come fossimo una supernova”.
“Nel cosmo (Remix)” è un brano delicato con un testo sincero e consapevole, con un ritornello che rimane in testa dal primo ascolto: “e ho fatto un sogno stanotte sudato nel letto, mi tenevo stretto, sai non sono perfetto, ho un miliardo di cose da mettere a posto”.
“Samurai” inizia con un cupo riff di piano che poi si apre in un arrangiamento placido ed essenziale, con un pizzico di elettronica come decorazione; il testo, sempre pieno di consapevolezza dei propri limiti, fa leva sulle virtù, così che “io non mi perderò, perderò ogni tuo piccolo particolare e come se fossi un samurai tu mi guarderai”.
“Satellite” è un brano che porta in un’altra dimensione nell’arrangiamento soffuso e intimista, con la voce, ammaliante, che guida nella consapevolezza dell’amore verso l’altro, paragonato a un satellite che può solo continuare a girare attorno a un’orbita: “questo è cosa sei, un minuto, un secondo nello spazio di un tempo, semplice, e non c’è forza di gravità che ci possa far precipitare, come un satellite, ti guardo volteggiare” .
“Solo mai” è un brano dal bel ritmo, con un testo che parla di qualcuno che nasconde la propria natura dalla gente coprendosi di convenzioni per non rimanere solo, ma a scapito della propria vera essenza: “quante parole hai speso per parlar poi solo con te, mentre citavi Svevo, non vedevi a mezzo metro”, perché “è troppo complicato conoscere se stessi”.
“Outro” è un perfetto epilogo, poetico, acustico e appena vocalmente accennato a bocca chiusa.
Nel complesso, un ottimo disco: Andrea Fornari, con la sua scrittura sincera e la sua vocalità intensa arriva al cuore.
Roberta Usardi
Fotografia di Mauro Talamonti
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