Un gran FINALE DI PARTITA per cominciare la nuova stagione del Teatro Eliseo
La stagione teatrale dell’Eliseo si apre con Finale di Partita, uno dei capolavori di Samuel Beckett, scritto volutamente in lingua francese – Fin de partie – per ottenere una resa finale più lineare, anche nella conseguente traduzione inglese.
Diretto egregiamente da Andrea Baracco, lo spettacolo riflette in pieno l’atmosfera e lo stile beckettiano e del Teatro dell’assurdo, termine coniato dal Martin Eslin nel 1961, con la sua opera chiamata appunto “Theatre of the Absurd”.
In un’epoca post apocalittica, quattro personaggi sono rinchiusi in un rifugio antiatomico, ognuno con le proprie disgrazie, a riflettere sul significato della natura e della vita stessa. Beckett, con l’aiuto di esilaranti battute, cerca di farci riflettere su temi a noi spesso scontati – quali la routine quotidiana – che possono rivelarsi inconsciamente logoranti.
Dentro la scenografia gradevolmente simmetrica – caratterizzata da alte fessure che, grazie ad una scala, sono l’unico contatto con l’esterno – il malandato Hamm, interpretato con eccellenza da Glauco Mauri, siede sul suo trono a rotelle “perfettamente al centro” del palcoscenico, assistito dal suo servo/figliastro Clov che prende vita dall’ottima interpretazione di Roberto Sturno.
Da due contenitori sulla sinistra – sistemati all’interno di quella che sembra una grande gabbia – escono Nagg e Nell, gli anziani genitori di Hamm ma peculiarmente interpretati da attori molto più giovani di Mauri e completamente senza veli – Mauro Mandolini ed Elisa di Eusanio – quasi a voler indicare la purezza del passato in contrasto con il presente consumato di Hamm e Clov, incastrati oramai in una mutua condanna.
Lo spettacolo si fa seguire agevolmente – alternando riflettori a luce calda per i monologhi e a luce fredda per i dialoghi – e con un ritmo scorrevole e mai troppo lento, risultato del talento degli attori, di Baracco e delle musiche originali di Giacomo Vezzani. Geniale e angustiante il tocco del tic tic che segue tutto il trantran iniziale di Clov, a simboleggiare il tempo che passa lentamente quando si è avvolti dalla noia e appunto dalla routine, che è uno dei leitmotiv principali dell’opera di Beckett.
Uno spettacolo per vivere il teatro nella sua essenza e magari riflettere un po’ sulle dinamiche e le abitudini che ci fagocitano e che spesso risultano essere quasi scontate o sconosciute.
In scena al Teatro Eliseo di Roma fino a domenica 15 ottobre.
Marianna Zito