“Un destino di felicità” di Philippe Forest, un abecedario dedicato a Rimbaud
A di Alphabet, B di Bibliotèque, C di Curiosité, D di Deuil… in “Un destino di felicità” (Rosenberg & Sellier, 2019, pp. 118, euro 14) Philippe Forest ha selezionato ventisei tra le parole più frequenti nelle poesie di Rimbaud, una per ogni lettera dell’alfabeto, e ha creato un singolare abecedario, in cui racconta la propria vita e di quella di ciascuno di noi.
“Gli abecedari sono un ponte lanciato tra la realtà del mondo, una realtà già lavorata dal linguaggio, e l’uso che si può fare di quest’ultimo in un modo che può essere libero, e persino gratuito. Un gran pericolo, potenzialmente. Ma proprio per questo sono umili libri che incitano alla poesia, chiedendo di resistere a quell’arbitrario”. (Yves Bonnefoy)
Il risultato è un’opera priva di trama, ma costituita da ventisei capitoli distinti, ciascuno su un tema dell’esistenza. È difficile definire il genere: sicuramente non si tratta di un romanzo, poiché non è presente una storia dotata di introduzione, svolgimento e conclusione; potrebbe trattarsi di una raccolta di racconti uniti dal filo conduttore dell’abecedario, ma la penna di Forest ha il sapore di un saggio. Ma un saggio su quale argomento? Pur trattando i principali temi della poesia di Rimbaud, lo scopo dell’opera non è certo quella di fornire informazioni sulla poesia. Forse si tratta di un saggio filosofico sulla vita poiché dell’esistenza si parla, con un forte sapore autobiografico.
L’autore, professore di letteratura all’Université di Nantes e autore di L’enfant éternel, apre il saggio con un racconto sulla propria infanzia, per l’esattezza il periodo della sua vita in cui ha imparato a scrivere osservando i bambini più grandi, poi però effettua un salto di decenni parlando del lutto e della morte di sua figlia (“Stavo per compiere trentaquattro anni quando è morta la mia unica figlia. Certo: È lei, la piccola morta, dietro ai roseti”); in seguito, le parole dello scrittore compiono uno stacco netto per parlare della Iella. Il filo conduttore è l’ordine alfabetico, ma Forest sa volteggiare da un tema all’altro con leggerezza ed eleganza, senza sterzate brusche, ma effettuando dei ragionamenti logici complessi. Lo stile ha il sapore della confessione, del racconto di memorie, da cui elaborare riflessioni sulla vita. Pur affrontando temi molto complessi, il linguaggio è semplice, umile, discreto ed elegante, ricco di citazioni preziose. “Un giorno, ho saputo leggere. Senza aver mai imparato. Per lo meno è quello che mi hanno detto. E che raccontava la leggenda familiare. Almeno fino a che è rimasto vivo qualcuno per tramandarla. La maestra di prima elementare era venuta a trovare mia madre e le aveva chiesto se era stata lei a insegnare a leggere a suo figlio.”
È difficile cogliere elementi della poesia di Rimbaud se non si ha avuto l’occasione di conoscere il poeta attraverso altre letture, poiché non vi sono riferimenti espliciti al poeta: la sua biografia è assente, così come commenti tecnici di analisi delle sue opere. È solamente possibile scoprire quali sono i temi principali della sua poetica e riflettere su alcune perle di filosofia. Non mancano tuttavia le eccezioni, in cui l’autore affronta esplicitamente la poesia di Rimbaud: “La parola «iella» figura in “Vagabondi”, una delle Illuminazioni, la stessa in cui Rimbaud evoca “il luogo e la formula”. La “formula” di cui parla Rimbaud esprime probabilmente il destino da cui nasce la sua poesia, ma che lui vuole al tempo stesso scongiurare – e al quale gli altri, come Verlaine, danno il nome improprio e già antiquato di “iella”.” L’opera non affronta solo la poesia di Rimbaud, infatti vengono menzionati molti altri scrittori: Flaubert, Baudelaire, Verlaine, Eliot, Barrie e Hofmannsthal sono solo alcuni dei nomi. Il risultato dunque è un’opera non semplicemente di letteratura francese, ma dal sapore europeo. Spesso sono presenti delle citazioni anche in lingua originale: “I had seen birth and death/But had thought they were different; this Birth H /Hard and bitter agony for us, like Death, our death. Che significa: Avevo visto la nascita /E avevo visto la Morte. Quella nascita /Fu per noi agonia amara e dolorosa,/Fu come la Morte, fu la nostra morte.”
Un libro consigliato a chi ama l’alta letteratura e le citazioni letterarie, ma apprezza le riflessioni inedite e singolari.
Valeria Vite
[…] Articolo pubblicato su Modulazioni Temporali. […]