U. (Un canto): l’esplosione sonora di Alessandro Sciarroni a Triennale Milano Teatro
“Per quelli che perdonano
Per quelli che sopportano
Per noi
Per le creature della terra
Per la terra.”
Da “Cantico” (A. Bauzà – P. Jou – A. Sciarroni)
Un suono compatto e caleidoscopico, potentissimo, ricco di colore e sfumature, con dinamiche soavi e delicate. Un vortice vibrante di emozione che arriva diretto alle orecchie e agli occhi di chi ascolta.
“U. (Un canto)”, il nuovo spettacolo di Alessandro Sciarroni, mostra quello che una voce umana può fare amalgamandosi con altre fino a diventare una sola. È difficile trovare le parole giuste per descrivere quello che è successo per soli tre giorni, dal 22 al 24 novembre, sul palco di Triennale Milano Teatro. Sono stati 50 minuti di in-canto, di pienezza, di irrigazione sonora.
Ma facciamo un passo indietro, al 2022, anno in cui Alessandro Sciarroni viene invitato da parte di Fondazione Cartier a co-curare una rassegna musicale. La scelta di Sciarroni, in quell’occasione, si è rivolta a un repertorio corale tra la metà del secolo scorso e i giorni nostri, e ad autori quali Renzo Bertoldo, Piercarlo Gatti, Bepi de Marzi, Riz Ortolani, Angelo Mazza e Giorgio Susana. Brani eseguiti a cappella da sette corpi vocali: due soprani, due contralti, due tenori e un baritono, che rimangono sul palco schierati l’uno vicino all’altro, lievemente a semicerchio, completamente immobili. E l’immobilità sembra quasi surreale, soprattutto perché a teatro il corpo è tutto, ma proprio per questo lo stare fermi ha un significato ancora più forte. La voce è la vera protagonista, a muoversi sono i polmoni, le viscere, l’anima e tutto ciò che ne consegue. Dall’esterno i micromovimenti sortiscono un effetto amplificato: le espressioni, gli sguardi, i respiri, le lente e leggere movenze che legano i sette performer – quasi in senso letterale, tanto sono sincronici – diventano anch’essi una cosa sola, un unico corpo.
Raissa Avilés, Alessandro Bandini, Margherita D’Adamo, Nicola Fadda, Diego Finazzi, Lucia Limonta, Annapaola Trevenzuoli creano con le loro voci una nuova voce, e i loro corpi sembrano alberi, che insieme formano una piccola foresta. Per facilitare l’entrata in questa dimensione, allo spettatore viene consegnato, prima di entrare a teatro, il libretto con i testi dei brani in italiano, con traduzione in inglese e francese. La scenografia non c’è e non serve, viene solo proiettato alle spalle dei cantanti un estratto di ogni testo, nonché titolo e autore, come una guida.
Le melodie sono meravigliose e il tempo scorre via troppo veloce… dopo l’ultimo brano, un’apoteosi che mi ha donato brividi e lacrime, arriva un bis, una canzone composta dallo stesso Sciarroni (testo) insieme ai compositori e performer Aurora Bauzà e Pere Jou (musica), dal titolo “Cantico”.
“U. (un canto)” è uno tsunami sonoro che adempie al compito di raggiungere l’anima con la potenza del suono, non intesa come volume, ma come tessitura vocale, vibrazione, accoglienza.
Roberta Usardi