“TUTANKHAMON – IL FANCIULLO” DI VALERY ESPERIAN
“[….] Peseshet lo raccolse e si diresse verso il faraone. Giunta al suo cospetto glielo porse e dopo un istante di esitazione Akhenaton lo prese e lo alzò, mostrandolo ad Aron che fiammeggiava all’orizzonte.
Grida di gioia si alzarono nella stanza.
[…] Akhenaton guardò il bimbo, ma all’improvviso cambiò espressione, irrigidendo i lineamenti del volto. Ay balzo in piedi e lanciò un’occhiata al piccolo. Il piede sinistro del bambino era deformato, con le minuscole dita raggrinzite e coperte da una peluria nera.
– È una maledizione! – sibilò una voce – Quel bambino non può essere l’immagine vivente di un dio!”
Tutankhamon – Il fanciullo (Fanucci Editore 2018, pp. 368, euro 14,90) è il terzo dei romanzi dei Faraoni scritti dal collettivo Valéry Esperian. Il collettivo, coordinato da Franco Forte è l’unione sapiente di eccellenze letterarie che, con il loro dettagliato lavoro di ricostruzione e la loro arguta fusione con il genere fantasy, hanno generato nel vero senso della parola, uno straordinario ed empatico romanzo. Tutankhamon, il faraone bambino, nasce e porta con sé una maledizione, che lo seguirà per tutta la sua esistenza, quella di essere nato con un piede deforme. Intrighi a corte, lotte di potere, morti sospette, imboscate ma anche amicizia vera, amore profondo e mistero rendono il romanzo accattivante, carico di adrenalina, così come costruzioni magnifiche, ori, gemme, e la sontuosità del potere, negli anni ha affascinato intere generazioni di egittologi. Diventò faraone a soli nove anni, sposò la sorellastra Ankhesenamon, morì a vent’anni e il suo successore fu il suo visir che ne sposò addirittura la vedova.
Quella egizia è sicuramente una civiltà complessa, moderna, grazie alle conoscenze mediche e a quelle dell’arte della mummificazione, astronomiche nonché strategiche nei piani di guerra, qui è stata ampiamente descritta. Molto si è discusso sulle cause della morte di Tutankhamon, il sarcofago venne ritrovato nel 1922 e le autopsie del 1925 e del 1968 attribuirono la morte ad una lesione presente sul cranio, smentita nel marzo 2005 da una TAC effettuata sulla mummia, che attribuì la morte ad una frattura del femore che avrebbe a sua volta generato un’infezione portandolo così a morire setticemia. Nel febbraio 2010 si ipotizzò invece che il faraone fosse affetto dal Morbo di Kohler anche noto come osteocondrosi, una necrosi ossea.
Nel romanzo, intermezzi fantasy vengono sapientemente dosati dal collettivo, come la passione del faraone per la preferita del suo harem Selusesh, le gelosia della moglie Ankhesenamon e per finire l’introduzione del mito della Maledizione di Tutankhamon ad opera del sacerdote Ratoker, suo amico d’infanzia,“Invoco la tua giustizia, potente Amon. Punisci con fermezza chi ha osato profanare questa tomba, chi ha sottratto gli oggetti necessari al viaggio del faraone nell’Aldilà. Invoco la tua giustizia e maledico chi è già entrato in questa tomba, e chi entrerà per tutti gli anni a seguire”, e la ricostruzione storica degli accaduti. Tale maledizione, infatti, ebbe riscontro nella morte improvvisa di George Herbert quinto conte di Carnarvon, che finanziò le ricerche della tomba ad opera dell’archelogo Carter, che morì il 5 Aprile 1923 dopo solo quattro mesi dal ritrovamento della tomba. La morte fu attribuita alla puntura di un insetto che lo infettò al punto di provocargli una polmonite che lo fece morire agonizzante all’età di 57 anni, come ci tramanda Conan Doyle.
Davvero una buona dose di mistero circonda l’esistenza di Tutankhamon e rende il romanzo carico di aspettative fino all’ultima pagina. Il collettivo è stato, nella stesura del romanzo, pragmatico ma allo stesso tempo “romanzesco”, dipingendoci il protagonista meravigliosamente empatico.
Marisa Padula