“Tu non sapevi” di Luca Cerullo – Quando la memoria si fa consapevolezza
Sara perde nello stesso giorno il marito Enrico e la madre Flora. Con Enrico si erano persi già da tempo, ma lui le è rimasto accanto fino alla fine della malattia della madre. Anche una parte di Flora non è mai appartenuta alla figlia, che la scopre solo dopo la scomparsa della madre, tramite un diario. Due voci narranti distinte, due personaggi definiti, anche dal linguaggio. Secco e diretto quello di Sara, più ricco e complesso quello di Flora.
“Tu non sapevi” (Castelvecchi, 2020, pp. 168, euro 17,50) di Luca Cerullo è un romanzo sull’inadeguatezza, la stessa che accomuna madre e figlia, quella di chi sviscera i rapporti che vive e si rifiuta di credere e accettare che sia tutto lì. L’insofferenza di chi non vuole che siano le convenzioni a scegliere della propria vita.: “Quindi ero pazza, secondo lui. Ero pazza perché non badavo a Sara, non come le mogli dei suoi colleghi. Ero pazza perché non aprivo le cosce a comando, pazza perché non avevo imparato a cucinare, perché uscivo da sola”.
Ma Flora non è pazza, tutto ciò che ha è “(…) un amore. Un grande amore che non vuole saperne di ciò che è stato. Questo ho”. Quel che consuma Flora, fino a farla sembrare pazza agli occhi di chi vive secondo l’ordine che ci hanno raccontato (per forza una bella casa, per forza un matrimonio, per forza dalla suocera a pranzo la domenica, per forza un figlio, per forza fare all’amore quando il proprio uomo lo chiede) è che sa che c’è dell’altro, che un’altra vita è possibile, ma non se la persona verso cui hai un sentimento lo nega. Flora perde la sua furia e si calma quando quel sentimento non è più negato, ma liberato, palesato, finalmente possibile. E con questa nuova consapevolezza può allora accettare tutto. E alla fine delle pagine lasciatele dalla madre, anche Sara acquista nuove consapevolezze, anche se attraverso storie che un figlio non vorrebbe/dovrebbe sapere dei propri genitori, che una parte intima e segreta ce l’abbiamo tutti. Eppure il romanzo di Cerullo si basa proprio sul volersi concedere completamente, per liberarsi e per sentirsi, finalmente, capiti.
Le parole con cui Cerullo chiude il romanzo sono anche il suo riassunto perfetto, il conflitto tra fare e non fare; lasciare che le cose accadano/farle accadere: “Viviamo in continua oscillazione tra le scuse che ci fanno restare e quelle che ci convincono a partire. Io attendo di capire quali sono le scuse che mi appartengono, che parlano al mio posto. Quindi non faccio nulla. Me ne sto seduta, tanto le cose prima o poi accadono. Io per ora mi siedo qui e aspetto. Che al freddo, si sa, dopo un po’ ci si abitua.”
Laura Franchi