“Troviamo le parole” dal carteggio fra Ingeborg Bachmann e Paul Celan
Ferrara Off, venerdì 1 Luglio 2022. Nella bellissima corte di Palazzo Paradiso, sede della Biblioteca Ariostea, a Ferrara, gli autori e gli attori di Ferrara OFF, hanno proposto un viaggio tra i pensieri e le parole scambiate per più di un ventennio tra Ingeborg Bachmann e Paul Celan.
Una scelta anacronistica in un’epoca, la nostra, scandita da ritmi velocissimi e messaggi immediati e sgrammaticati, frenetici quelli dei social; Telegram, Instagram e WhatsApp. Uno spettacolo che ci ha riportato alla dimensione della riflessione intensa di questi due grandi intellettuali e al fulcro del loro sofferto amore e della loro ricerca poetica. Entrambi uniti nella lotta contro il silenzio, con la volontà di rendere testimonianza di qualcosa che deve essere fissato per sempre
Una serata all’insegna del carteggio e delle voci dei due interpreti Diana Höbel e Marco Sgarbi. Un palazzo pieno di storia e di testimonianze di grandi letterati. Un evento che ha rapito il pubblico e lo ha portato nelle stanze dei due poeti mentre esprimevano i loro dubbi, le loro angosce, il loro amore difficile e lontano. Un’altalena di chiari scuri che ha fatto riecheggiare nello storico cortile i motivi dell’amore e dell’infelicità trasferiti su un foglio. Gesti semplici e lenti, trame di vita, spaccati e suggestioni, un dialogo che si fa sempre più intimo seppur nei tempi, scanditi dalle date delle lettere annunciate dai due attori, trasmettono la vicinanza e il rapporto di amicizia, amore, comprensione e disperazione che, pur tra pause e riprese, coprirà l’arco di diciannove anni, trovando respiro nello scambio epistolare che diventa man mano il racconto di due vocazioni.
Lui, ebreo romeno di lingua tedesca, nato in Bucovia, a Cernovcy, nel 1920; lei, giovane artista proveniente dalla provincia austriaca; figlia di una terra di confine, aspra e difficile, la Carinzia meridionale, l’heimat dove, nel 1926, era nata. Lui aveva perso, a ventidue anni, la famiglia, sterminata dalla “soluzione finale”, lo sterminio sistematico del popolo ebraico, legittimato dai gerarchi nazisti nella conferenza del Wansee del 20 gennaio 1942, un evento e una data sui quali si costruirà tutto il suo percorso poetico; lei abbandona giovanissima Klagenfurt, visita l’Austria, avvia una carriera accademica brillante, laureandosi in filosofia e legge dando, dando prova di un’alta capacità di elaborazione filosofica: scriverà “contro” Heidegger e proseguirà le scoperte di Wittgenstein sui limiti dell‘espressione linguistica. Lui contraddirà il monito di Adorno, secondo cui dopo Auschwitz la poesia non poteva più esistere, scrivendo sul dolore generato dalla Shoah; sulla tragica data innominabile, se non con la perifrasi “quello che è stato”; facendo della sua parola poetica un mezzo per dare voce alle vittime dello sterminio. Lei andrà scoprendo la versatilità della sua mente; simile a quella di un’artista del Rinascimento italiano. Fu dapprima affascinata dalla filosofia, pubblicando due opere; poi si dedicò a due programmi radiofonici e, infine, scrisse un romanzo dal titolo Malina, primo di una trilogia che la morte ha lasciato incompiuto. Lui sceglierà di scrivere in tedesco, la lingua dei nazisti, gli assassini dei suoi genitori: sua lingua madre, intesa nella doppia accezione di “lingua materna” e “lingua della madre”, prezioso filo conduttore della sua testimonianza delle atrocità dello sterminio nazista. Lei conoscerà lo spettro della malinconia dopo gli anni Sessanta: entrerà in depressione e comincerà ad assumere psicofarmaci che annulleranno la sua percezione della profondità delle cose e il suo desiderio di scrivere. Lui morirà suicida nel 1970. Lei morirà a seguito di un fatale incidente “domestico” nel 1973.
Alle voci dei due poeti si affiancano quelle di Giséle Lestrange, sposa di Celan, e di Max Frisch, nuovo compagno di Ingeborg. I due attori ci trasportano con le loro letture in questo spaccato così intenso e incerto. La loro interpretazione è coinvolgente e convincente. Diviene l’occasione voyeuristica di sbirciare il movimento delle onde del loro sentimento, a volte calmo e certo, a volte tempestoso, che vediamo infrangersi contro le rive del loro stesso travaglio. Osserviamo così la nascita e l’elaborazione di alcune opere; entrando nel laboratorio creativo che è il risultato di un momento storico e di vissuti che non trapelano dalle loro lettere ma che determineranno le loro scelte stilistiche e il tragico epilogo delle loro vite.
Federica Scardino