“Transito”- L’intenzione di partire e il desiderio di restare
L’autrice
“Transito” (L’Orma Editore, pp. 288, euro 19, traduzione di Eusebio Tabucchi) di Anna Seghers è lo scorcio di uno dei tanti avvenimenti che colpirono i rifugiati durante il secondo conflitto mondiale. È un racconto dalle mille sfaccettature, quelle storiche e politiche, ma anche romantiche e soprattutto con riferimenti autobiografici dell’autrice stessa, che nel 1940 si trovò in fuga da Parigi verso Pamiers e Marsiglia, mentre si nascondeva dai tedeschi che bruciavano tutti i suoi lavori. Fughe, arrivi e partenze: è questo il destino degli uomini in questo momento di guerra.
La storia
“Dicono che la Montreal sia affondata tra Dakar e la Martinica. Andata a sbattere contro una mina. (…) In confronto al destino delle altre navi, con il loro carico di profughi, cacciate per tutti i mari, rifiutate da ogni porto, abbandonate in fiamme al largo pur di non farle attraccare (…), ecco, in confronto al destino di quelle imbarcazioni, il naufragio della Montreal appare, in tempo di guerra come una morte naturale”.
Comincia così il racconto di un uomo tedesco di circa ventisette anni, Seidler o forse Weidel, che sulla Montreal stava quasi per imbarcarsi poi, per destino o per scelta non lo ha fatto. Dopo la fuga nel 1937 da un campo di concentramento, dopo momenti di angoscia e solitudine, senza documenti arriva in Francia. È il 1940, a Marsiglia.
“E tutto quel male, quel dolore inflitto a un altro popolo proveniva proprio dal mio, di popolo! Perché non c’era alcun dubbio, quelli parlavano come me, fischiettavano le mie stesse canzoni”.
È in questa cittadina al Sud della Francia che girovaga e trascorre il suo tempo dai Binnet, incontra l’amico Heinz, e ancora Paulchen Strobel che gli chiederà di consegnare una lettera a un uomo; e da qui si innescheranno una serie di eventi per cui Seidler diverrà Weidel e, a causa di una “noia mortale”, si approprierà di un manoscritto che non gli appartiene, imbattendosi in una donna e in una storia a cui manca non solo il lieto fine, ma tutto il finale.
Partire o restare
Seidler, quindi, si riconoscerà, sempre per destino o per scelta, come Weidel, scrittore scomparso prima e morto poi; e, per fortuna o per sfortuna – con il nome – Seidler ne erediterà anche la storia, gli scritti, il viaggio e un amore, Marie. Un amore mai vissuto, ma vivido in quel momento ai suoi occhi e alla sua memoria, “mi pareva, infatti, di conoscerla da tempo, come se avessimo alle spalle una vita spesa insieme e poi ci fossimo separati”. Ed è a questo punto che Seidler detto Weidel farà di tutto non per partire, ma per restare; e, per farlo, avrà bisogno di un permesso, di un visto di transito; “un visto di transito è il permesso di attraversare un Paese con l’assicurazione che non ci si voglia rimanere”, quindi si deve dimenticare di avere una meta e pensare solo all’intenzione di partire e ai Paesi che si desidera attraversare, per riuscire così a ottenere un biglietto di partenza su una delle tante navi pronte a salpare, “purché mi lasciassero restare”.
Anna Seghers con “Transito” scrive un capolavoro corale, minuzioso nelle descrizioni dei luoghi, delle attese e dei sentimenti nell’animo di questi uomini fuggiti dall’orrore della guerra e che altro non cercano se non un posto per partire o per restare, dimentichi quasi dei loro luoghi di origine, di cui ricordano una eco lontana e di cui non conoscono le sorti, “avrei potuto scrivere a mia madre, ma probabilmente era morta da tempo”. Stranieri alla terra ed estranei gli uni agli altri, tra timori e angoscia, aspettano speranzosi davanti alle porte, in attesa dei loro documenti; questi uomini e donne si riconoscono pur non conoscendosi, per venirsi in aiuto o semplicemente trascorrere il tempo, aspettando la prossima nave.
Marianna Zito