Tra colpe e inquietudini: gli “Ovvi destini” di Filippo Gili
Filippo Gili riporta in scena il suo dramma spiazzante, assurdo che ci catapulta con forza nella vita, nelle nostre scelte e nell’inconscio.
“Ovvi destini” – in scena fino al 15 maggio alla Sala Umberto di Roma – è la storia di tre sorelle – Vanessa Scalera, Daniela Marra e Anna Ferzetti – che ci raccontano un dramma familiare: una di loro è paraplegica a causa di un incidente provocato, inconsapevolmente, da una delle sue stesse sorelle. Arriverà improvvisamente qualcuno, un certo Carlo – Pier Giorgio Bellocchio – a ricattare e a fare luce su questa colpa tenuta nascosta e tutto capitombolerà, facendo pagare al colpevole la perversità del rapporto tra causa e colpa, e di quel contatto tra inconscio infantile e realtà. Ma è quell’effetto a catena causato dalle nostre azioni il vero protagonista dello spettacolo. Un effetto mai immaginato, mai desiderato ma soprattutto difficile da controllare e da fermare. E le conseguenze di quest’azione. Le conseguenze di una colpa innocente ma che comunque rimane una colpa con risvolti disastrosi e in nessun modo sanabili, che vanno a rompere l’ovvietà che può essere propria del destino. Fino a una sorta di riparazione, un dono o una speranza o addirittura un miracolo.
Da Tarkovskij a Buzzati partecipiamo a quella tragedia che mette radici durante la serenità del quotidiano momento conviviale del pasto, dove tutto è ancora inaspettato e sereno: una situazione che Gili riporta spesso all’interno dei suoi spettacoli: quel tavolo rotondo dove ognuno può guardare l’altro, averne fiducia finché si rimane lì fermi e seduti, in una sorta di ovattata felicità protetta dal sapore e dall’odore del pasto.
Sul palcoscenico un cast perfetto in ogni spazio e armonicamente ritmato in ogni ruolo. “L’alchimia tra questi quattro è stata così immediata che, dopo aver strutturato le fondamenta, ho mollato la corda. Ho capito che sarebbe stato un valore aggiunto per lo spettacolo, per loro stessi, per tutti noi” le parole di Gili in risposta alla nostra intervista al debutto di questo spettacolo, nel 2019. “Più di altre volte avendo lasciato le dita libere della mano li guardo con grande fascino. Aggiungono cose ai personaggi, mi sorprendono, mi fanno diventare spettatore. Mi rendo conto che gli attori messi in connessione sono come una barca a vela. Se la metti col vento giusto va, e va benissimo. La bravura di un regista è conoscere il vento, mettere la vela nel modo giusto, e aspettare. Ogni tanto una botta di motore, ma solo ogni tanto se la barca si confonde… Sta di fatto che se li metti nell’angolazione giusta e sono bravi, gli attori vanno… e qui vanno veramente tanto bene…”.
Marianna Zito