Torino, Teatro Carignano: le Maddalene di Ricci e Testori rivivono attraverso la voce di Malosti
Checché se ne possa dire, la nostra epoca è costellata – oserei dire quasi puntellata – da tutt’una serie di personaggi culturalmente illustri che spesso non si guadagnano le prime pagine dei quotidiani ma che comunque s’adoperano instancabilmente affinché il bello perduri nonostante la dedizione opposta cui si votano altrettanti. Fra i primi si può facilmente individuare Franco Maria Ricci: editore e grafico parmense morto appena quattro giorni fa nella sua casa di Fontanellato, dove peraltro ha ideato e costruito un labirinto che ospita la sua splendida collezione d’arte. In quest’occasione ci premuriamo di ricordare Ricci per un’idea geniale che ha portato ad un’opera sensazionale dove la storia dell’arte e la poesia si sono intersecate per proporre al fruitore un’esperienza particolarissima. A latere dei suoi lavori di editore e grafico, infatti, Ricci compendiava la rappresentatività della figura di Maria Maddalena nell’arte, e negli anni Ottanta chiese a niente meno che Giovanni Testori di commentare le opere che lui aveva selezionato e che nell’89 avrebbero costituito un libro d’arte tra i più pregevoli, tra i più entusiasmanti, oggi praticamente introvabile per chi lo vorrebbe acquistare: vennero infatti stampate solo cinquemila copie numerate. Ora, Testori, che conosciamo come autore di teatro ma che in realtà nasce come critico d’arte longhiano, avrebbe potuto limitarsi all’ordinario lavoro di didascalia col quale molti altri promuovono fallacemente l’arte. Ma per fortuna non lo fece, e dalla sua penna sgorgarono dunque delle vere e proprie poesie, argute e penetranti come ci i può aspettare solo da Testori. Irriverenti, sagaci, contemporanee e atemporali, le poesie-commento elevano ciò che è muto – l’arte pittorica e scultorea – attraverso il verbo. Tanto che, come scrisse G. Agosti citando L. Doninelli, Testori aderisce perfettamente alla definizione per la quale lo storico dell’arte veramente grande è quello la cui interpretazione aderisce alle opere in maniera tanto serrata che poi non è più possibile guardare quelle opere senza pensare a quello che lui ha scritto. (La Testoriana di Brescia, ed. L’Obliquo, 1997). E in effetti pare che Testori componga mentre è placidamente abbandonato su di un illecito e recondito talamo con la Maddalena stessa, che qui si palesa in tutte le caleidoscopische sfaccettature che gli artisti le hanno cucito addosso attraverso i secoli: Maddalena penitente, languida e poi meretrice; Maddalena tormentata, contrita, lacrimosa; poi cortigiana galattica, compunta nel portento d’un’ambiguità teologale ma mai davvero annientata dal rimpianto imposto con la noia del perbenismo umanoide. Regina delle controversie, pop e pornostar, pentita e recidiva, laica e clericale, cristiana e pagana. Stereotipata, equivocata, riabilitata. Santa calunniata e glorificata, come scrisse una decina d’anni fa il Cardinal Ravasi sul Sole 24 Ore.
E questi versi d’arte s’intrecciano ulteriormente con un’altra esperienza, quella del teatro, quando un influente regista decide di portare sul palco questo carnascialesco carrozzone di donne liricamente intese. Sabato 12 e domenica 13 settembre, infatti, Valter Malosti è salito sul palco del Teatro Carignano per interpretare i testi di un Testori da lui acutamente definito parallelo, sublime, avventuroso ed emozionale critico e mercante d’arte. La messinscena, intitolata “Maddalene (da Giotto a Bacon)” conclude il ciclo delle Sere d’estate al Teatro Carignano e rientra nell’encomiabilissimo Progetto Testori curato e realizzato dal regista torinese (qui per la recensione sulla Cleopatràs de I Tre Lai). In scena con Malosti, un proiettore e Lamberto Curtoni al violoncello che ha suonato le musiche originali di Carlo Boccadoro.
Un’occasione sicuramente ben più che piacevole fuori dai soliti circuiti di teatro bollito, una circostanza che chiarisce definitivamente come di Testori avremo bisogno ancora per lungo tempo. Un’ora e poco più per una poetica lectio magistralis recitata, che illumina e riaccende i sensi del pubblico attraverso l’opulenza di sé stessa; un’opulenza che emerge dalle pieghe dell’aria per avvicinarsi pericolosamente al concetto wagneriano di Gesamtkunstwerk. Si parte e si conclude con l’atroce bambola scomposta e disfatta, la cariatide piegata dipinta da Francis Bacon nel 1944, quando l’atrocità di una guerra svilente ci ricongiungeva alla ricca, indifferente idiozia dei tempi nostri. In mezzo, tutti gli altri: Raffaello, Botticelli, Tiziano, Grünewald, Bacchiacca, Pontormo, Duccio da Boninsegna, Masaccio, Giotto, Beato Angelico, Caravaggio, Rubens, Romanino, Savoldo, Hayez. Una processione illustre di uomini che prima o poi sono passati dall’emblematica figura di Maddalena per restituirci la loro intima visione della stessa, dove il medium è la voce sicuramente indovinata di Malosti. Complimenti vivissimi.
Davide Maria Azzarello