“THE ALBERTINE WORKOUT” DI ANNE CARSON
“Albertine’s laugh has the colour and smell of a geranium”
“Albertine, the name, is not a common name…” comincia così “The Albertine Workout” (Edizioni Tlön, Collana Controcielo 2019, pp. 167, euro 14) di Anne Carson, nella traduzione italiana di Giulio Silvano e curato da Eleonora Marangoni. Un testo poetico dedicato all’amata “heavy slave”, l’eterna ossessione romantica di Marcel: in tutta la Recherche riecheggia il suo nome, “Albertine’s name occurs 2.363 times in Proust’s novel”.
Cinquantanove componimenti poetici, cadenzati ed eleganti, e sedici appendici a delineare la figura di questa eroina irrisolta, prigioniera del Narratore, che di lei si invaghisce per “the way the wind billowed in her garments”. Una donna dagli occhi forse blu e i capelli forse ricci e neri, in eterno movimento, ineffabile nei suoi problemi di lesbianism e lyng, egli sostiene.
Come fa Marcel a possederla se lei è sempre lì che sfugge?
Ogni pagina scritta da Anne Carson è come una finestra oltre la quale si anima un dipinto, mi viene in mente istantaneamente Hopper. Particolari descritti e movimenti definiti che si susseguono minuziosi: ora Marcel ne riposiziona il volto nell’angolatura più dolce ora la osserva e possiede nel sonno. Ma nemmeno questo “poetry pamphlet” così acuto può sciogliere il mistero legato ad Albertine Simonet, anzi qui, liberandola, se ne rintreccia la trama, forse in maniera ancora più fitta.
Albertine è molteplice e altrettante sono le Albertine da dimenticare: ora è, come Ophelia una pianta, ora ci avvicina ad Alfred Agostinelli,“qui sans espoir se délivre” e con cui condividerà drammaticamente il suo destino di morte.
Marianna Zito