“Terra Bruciata”: orrore e speranza – Emiliano Monge al Salone del Libro di Torino
Per celebrare la lingua ospite del Salone Internazionale del Libro di Torino – lo spagnolo – si sono susseguiti interessanti incontri con apprezzati scrittori contemporanei, che stanno lasciando un segno del loro passaggio nella letteratura. Giordano Meacci ha moderato l’incontro con Emiliano Monge nella Sala de los Lectorores per parlare del lavoro dell’autore messicano “Terra bruciata” (2017, pp.320, euro 19,50) edito da La Nuova Frontiera. Monge racconta i tempi e i luoghi con uno stile cangiante, ma sempre facilmente riconoscibile, riuscendo sempre a mantenere una voce propria pur fondendo tra le sue parole i classici della letteratura, pensiamo ad esempio a T. S. Eliot, ci suggerisce Meacci.
“Terra bruciata” – vincitore di uno dei più importanti riconoscimenti letterari del Sud America, il premio Elena Poniatowska – è un libro spietato sul fenomeno della tratta degli schiavi moderna. Le parole di Monge non giudicano i carnefici, perché – sostiene l’autore – può sempre arrivare il momento in cui tutti noi potremmo diventare come loro: Epitaffio e Stele sono a capo di questo orrore, guidati dalle loro ossessioni e insoddisfazioni.
Esiste un’aurea maligna incastonata nella struttura narrativa, che troviamo divisa in tanti tempi interrotti, con un perenne riferimento all’informazione: il risultato è un purgatorio senza speranza. Per tutto il racconto, torna la memoria del passato. Siamo abituati a pensare che sia l’immaginazione a nutrire la vita, ma anche la memoria fa lo stesso, ci ricorda Emiliano Monge: l’immaginazione quando fa il secondo giro diventa memoria, è in questo modo che si dà senso alla verosimiglianza e alla verità, scoprendo quella solitudine che necessita sempre e inevitabilmente di un barlume di speranza.
Marianna Zito