“TEMPI NUOVI”, E COME ABITARLI – LA COMMEDIA DI CRISTINA COMENCINI AL MANZONI DI MILANO
Dopo il debutto al Napoli Teatro Festival nell’estate del 2017, e una tournée che ha toccato già numerosissimi palcoscenici d’Italia, arriva anche nella preziosa cornice del Teatro Manzoni di Milano “Tempi Nuovi”, l’ultimo spettacolo scritto e diretto da Cristina Comencini in scena fino al 24 febbraio.
La Comencini racconta ancora una volta di una famiglia, e attraverso di essa dell’incolmabile separazione tra le generazioni, del mondo lento e analitico dei padri e delle madri che ogni giorno lotta con la sensazione di non sentirsi al passo con quello rapido e associativo dei figli e delle figlie. Giovanni e Sabina, i genitori, appaiono diversissimi tra loro e, forse per questo, ancora evidentemente innamorati. Sabina (Iaia Forte), mamma con la mania di comporre album delle fotografie di famiglia, donna moderna per sua stessa continua definizione, è una giornalista con una carriera lanciata, forte dell’ultimo corso di aggiornamento sull’informatica e il web dove ha imparato a dare notizie nello spazio di un tweet. Suo marito Giovanni (Maurizio Micheli) è uno storico, in collisione perenne con le nuove tecnologie, che utilizza il meno possibile e solo quando obbligato. E mentre il padre è impegnato ad aiutare il figlio Antonio (Nicola Ravaioli) con il suo compito sulla Resistenza Italiana (e tra una risata e una tirata d’orecchie, trovano spazio anche le confessioni sulle prime avventure sessuali), la maggiore Clementina (Sara Lazzaro), che non vive più con i suoi, confesserà alla madre di aver lasciato il suo ragazzo ormai da un anno. Ma non è solo questa la notizia. La rivelazione successiva è il colpo di scena che innesca il ribaltamento di ruoli e lo scompiglio di ogni certezza, accresciuto anche dalla preoccupante sindrome che rende Giovanni, all’improvviso, un leone da tastiera e un influencer sui social. Lo spettacolo ha la tipica struttura sorretta dai dialoghi, una scena dopo l’altra, fino alla ricongiunzione finale dei quattro personaggi nella stessa stanza, lo studio del papà, dalle altissime librerie piene di volumi (scenografia di Paola Comencini). Gli interpreti trovano a poco a poco il giusto agio nei propri ruoli e giocano molto bene con i tempi comici richiesti dalla scrittura. Perché si ride, ed anche molto. Alla fine, con i tabù, crollano i muri tra genitori e figli, che forse per la prima volta si parlano sinceramente e a cuore aperto. È forse qui che sta il valore della drammaturgia. Nel sapere con levità e naturalezza, lasciar passare dei messaggi importanti tra le righe, primo tra tutti quello che il conflitto – di tempi e di generazioni – non è qualcosa che debba essere necessariamente, alla fine, risolto. Non c’è un nuovo e un vecchio, un meglio e un peggio. “La storia non conosce tempi nuovi, solo difficoltà nel capirla”.
Dall’utilizzo di uno smartphone fino alla comprensione delle dinamiche relazionali odierne e delle scelte di vita di un figlio, “nei cambiamenti bisogna starci dentro”, bisogna fare lo sforzo di cambiare con la storia, mettendo da parte ogni granitica certezza, ma senza dimenticare la propria identità. Non si può essere antichi o moderni, ma solo se stessi. Perché, ricorrendo alle parole di Antonio Gramsci che lo stesso Giovanni cita nelle ultime battute, il tempo non è altro che “uno pseudonimo della vita stessa”. La vera arma nella rapidità dei cambiamenti rimane quella di (sof)fermarsi, discernere criticamente, fare della conoscenza e del tempo trascorso un bagaglio fondamentale. Perché se si è troppo leggeri, si vola via.
“Tempi Nuovi” è dunque un lavoro godibile, da accogliere con attenzione, e soprattutto – come sottolineato dalla stessa Iaia Forte in un’intervista – una commedia realizzata con “dignità ed intelligenza”.
Mariangela Berardi