TARTUFO ovvero L’IMPOSTORE al Teatro Politeama di Cascina
Al Teatro Politeama di Cascina (PI), dopo “L’Avaro” e “Il Malato Immaginario”, continua il Progetto Molière con la rappresentazione, sabato 17 marzo alle 21 (e lunedì 19 mattina per le scuole superiori) del “Tartufo” ovvero “L’Impostore” (Tartuffe ou L’Imposteur) di Jean-Baptiste Poquelin in arte Molière. Con Andrea Buscemi (Signora Pernella e Tartufo), Livia Castellana (Dorina), Francesco Tammacco (Orgone), Martina Benedetti (Elmira), Pantaleo Annese (Valerio), Claudia Castriotta (Marianna). Una produzione Fondazione Sipario Toscana Onlus con la regia di Andrea Buscemi, direttore artistico del Teatro.
Il regista sceglie per la sua rappresentazione la prima versione dell’opera che vedeva, nel finale, la vittoria dell’Impostore (Dopo l’intervento dell’allora sovrano di Francia Luigi XIV il numero degli atti fu aumentato e l’esito capovolto a favore di Orgone): l’autore, personificando nell’approfittatore Tartuffe comportamenti ipocriti e detestabili, rivolse un’aspra satira verso la nobiltà più bigotta e, infatti, la rappresentazione pubblica dell’opera, invisa agli ambienti religiosi e conservatori, fu vietata per un certo periodo. Come il commediografo affermò durante una sua rappresentazione: « Il compito della commedia deve essere quello di correggere gli uomini divertendoli, presentando i vizi e i difetti in modo anche esagerato. » e gli attori hanno divertito moltissimo il pubblico con le loro interpretazioni. Gesti, occhiate, frasi concise e d’effetto, persino i sospiri sono stati forieri di scoppi di ilarità.
La commedia racchiude in sé anche una grande forza e gli interpreti l’hanno saputa trasmettere nei loro personaggi. L’Impostore con la sua avidità e le bramosie più abiette che si oppone a Orgone e Valerio, l’uno intenso nel suo riscatto finale seppure perda ogni cosa, affetti ed averi, l’altro deciso nel difendere il suo amore a tutti i costi. E poi Elmira, apparentemente fragile, ma astuta e di gran carattere, Dorina, dalla coinvolgente personalità, la colonna portante della casa e la giovane Marianna che appare a tratti docile e sottomessa, ma quando è fortemente motivata tira fuori il carattere. Nello sguardo di tutte e tre le donne durante la scena finale si può leggere non rassegnazione ma indomita ribellione.
La satira è però anche occasione di riflessione oltre che di risa e Buscemi, acclamato più volte dal suo affezionato pubblico, nel monologo finale afferma con vigore ed enfasi tutta l’amarezza e il disprezzo di Molière verso certi comportamenti “di comodo” che fanno prediligere una persona o l’altra non per ciò che è ma per ciò che possiede. Una tematica questa valida nel ‘600 francese, quanto ancora oggi.
Francesca Padula