“Tales from the sofa” dei Lilac Will: l’arrendevolezza senza fronzoli
Viviamo in un’epoca rumorosa, un’epoca in cui spesso i boati raccolgono consensi. Esistiamo attraverso lo schiamazzo. E però esiste anche chi tenta di farsi strada tra i rovi con calma, con placido lirismo, in equilibrio sul frastuono di altri. Ora, questo ragionamento potrebbe riguardare moltissimi artisti, ma questo spazio è dedicato a Francesca Polli, Vincenzo Morinelli e Giulio Gaudiello. Tre ragazzi di Latina che nel 2014, d’estate, decidono di unirsi per diventare un’entità unica. Loro sono i Lilac Will, e ora hanno un disco da proporci. Il testamento lilla? La volontà di serenella? Non si è capito bene come debba essere inteso questo nome d’arte che però funziona, intriga, perché riempie le guance e percuote il palato.
L’album di debutto di questi fanciulli – prodotto dall’etichetta Romolo Dischi e uscito il 10 gennaio 2020 – si chiama Tales from the sofa: i racconti dal divano, le dicerie sulla dormeuse, le favole dell’ottomana. Un titolo promettente, insomma, che si schiude su un divertente scenario trasngenerazionale di umani che, con leggiadria, spettegolano tra i cuscini. E, infatti, in copertina c’è una ragazza appoggiata ad un condominio che la sorregge come lo schienale di una chaise longue, una giovane donna violacea che incrocia le mani mentre si confida con un interlocutore invisibile.
Graziosa e aggraziata, questa raccolta di poesiole cantate rincuora come il gelsomino appena colto, come l’acqua dipinta da Monet, come l’abbraccio di una zia. Il genere? Una sorta di folk disinteressato, tiepido e introspettivo, accorato e avvolgente come le cose semplici e belle. Qualche chitarra, un po’ di batteria, ritmica inerziale, voce onesta, poche incursioni elettrificate, pianoforte quanto basta. Tutto senza strafare, senza arzigogolo alcuno. Nessun rumore e molta ponderazione, come si diceva prima: il quid è proprio quella calma che molti rifuggono ma che altrettanti anelano; quella calma greca intesa come fissità dell’acqua e dell’aria, come antitesi della burrasca; un calore, una vampa viola di rilassatezza e accettazione. Spazi dove si celebra il delicato virgulto di un desiderio ma anche la poesia dell’arrendevolezza, senza però alcun fronzolo melenso. Dieci canzoni, dieci pensieri, dieci aneddoti: si parla di niente e di tutto, di amori, amorini, lucine, in rime facili ma opportune. Si riflette su questioni futili, ma quindi anche molto coinvolgenti: why is the ocean made up of salt? It’s to dry your eyes. Meraviglioso il primo singolo, Black show; graziosissimi tutti gli altri pezzi: materiale di alta qualità, soprattutto se consideriamo che questi ragazzi sono al loro primo prodotto discografico. Dunque elogiamoli e supportiamoli.
Davide Maria Azzarello