“Swing Low”, la memoria di un padre
“È solo una cosa che ogni tanto capita, una storia vecchia come il mondo, è stavolta è capitata a me”.
“Swing Low” di Miriam Toews (marcos y marcos, pp. 272, euro 18, traduzione italiana di Maurizia Balmelli) è la ricostruzione della vita dopo un suicidio. È una figlia che ripercorre la strada del padre, a ritroso, in cerca di una risposta che è racchiusa in una sola parola, la depressione. “Un termine clinico, del tutto inadeguato per designare la disperazione profonda“. Una psicosi maniaco-depressiva diagnosticata a diciassette anni e che ebbe come unica autodifesa il silenzio. Mel sposò l’amata Elvira, ebbe due figlie, a dispetto di tutta la letteratura medica e insegnò in una scuola elementare per oltre quarant’anni nella piccola cittadina di Steinbach, in Manitoba e forse fu questo che lo tenne vivo. Il suo intero mondo era lì, in aula.
Miriam Toews, dopo la sua nota introduttiva, fa parlare il dolore e l’angoscia suo padre, Mel, attraverso i tanti foglietti bianchi o gialli che riempivano la sua mente e il suo silenzio e che lei scriveva per lui, in un’immagine dolce e amorevole, come quella di questo stesso libro. Annotazioni e appunti destinati a sé, per non dimenticare nulla, per non cadere nella perdita di senno, nell’ansia. Sentirsi la testa fragile come il guscio di un uovo, riempire il giardino di petunie rosse e bianche, scrivere e camminare, camminare e scrivere e ancora scrivere e camminare per evitare il black out, per evitare di perdersi e di essere costantemente un bersaglio.
“La sua capacità di vivere una vita ordinaria fu un risultato straordinario”, fino al “fallimento totale”, quel il mantra che diventa l’unica verità, l’obiettivo degli ultimi passi da percorrere. Anche se così non è. E le parole sì aiutano ma non sempre salvano, però possono restare lì ferme, su un foglio a mantenere in vita, di un uomo, la memoria.
Marianna Zito