“Stili di volontà radicale” di Susan Sontag
Susan Sontag scrive, spiega, argomenta.
Dopo Contro l’interpretazione, la casa editrice nottetempo pubblica “Stili di volontà radicale” (2024, pp. 348, euro 19.50, traduzione italiana di Paolo Dilonardo), la seconda raccolta di saggi (1969) di questa influente intellettuale, scrittrice e critica statunitense della seconda metà del’900. Gli stili radicali sono quelli della fine degli anni Sessanta e comprendono non solo la politica, ma si ramificano anche all’interno delle manifestazioni artistiche e nel pensiero stesso, creando risoluzioni e insurrezioni contro il sistema capitalista e la cultura di massa. È sempre l’arte una delle protagoniste, l’arte percepita come progetto spirituale, che va a logorarsi “verso le inflessioni più laceranti della coscienza”, salvata dall’ironia o “da una risata che toglie il respiro”, per capovolgere i giudizi decadenti nietzschiani.
Segue una disamina sulla pornografia, o meglio sulle pornografie. Quella intesa “come elemento della storia sociale”, quella intesa “come fenomeno psicologico” e infine quella che riguarda la produzione artistica, ed è quest’ultima su cui discorre la Sontag, ancor più quella legata al genere letterario, pensiamo al raffinato senso della trasgressione di Bataille o alle raccapriccianti orge di Sade. Quali sono le principali caratteristiche dei prodotti dell’immaginazione pornografica? Cosa lega i sentimenti al comportamento o all’intenzione? “Tutto è correlato alla situazione erotica”, un universo totale. Ed è interessante scoprire e capire che ogni cosa nata da questa immaginazione va ascoltata, nonostante le sue forme di espressione non sempre gradevoli o riconoscibili. Una immaginazione anche questa che conserva una sua verità e che, quindi, può tradursi in arte. Ma non solo. La sua crescente diffusione, cha abbruttisce chi è psicologicamente disadattato, la rende ripugnante, continua a sostenere l’autrice, sottolineando l’uso sbagliato di questa conoscenza, sbagliato come ogni altro “uso sbagliato”, in generale. Siamo noi a dare un ruolo, a questa immaginazione pornografica, o a stabilire quanto possa essere o meno pericolosa, in base alla nostra coscienza e conoscenza,
E ancora, andando avanti, teatro e cinema sono due arti distinte o addirittura contrapposte? La Sontag ce ne parla attraverso Bresson, Ozu, Godard (a cui saranno dedicate pagine cospicue all’interno di questo stesso volume, come anche a Bergman o ancora Cioran) e tanti altri o semplicemente analizzando il pensiero di Panofsky, Marinetti e di Artaud ad esempio, di chi prima di lei si era già soffermato ad analizzare l’argomento. A chiudere il volume è Cosa sta succedendo in America con il viaggio a Hanoi, un reportage sul suo viaggio in Vietnam del Nord durante la guerra, nel 1968. Ci stupisce sempre Susan Sontag, con quella sua mente lucida che riflette, pensa e scrive per sé stessa, ma soprattutto per tutti noi. E, a vent’anni dalla sua morte, possiamo solo che sentirne la mancanza.
Marianna Zito