“Stato passivo”: chi mette in ordine i creditori e chi la propria vita
Sebastiano Martini, avvocato civilista, con “Stato passivo” (Edizioni Ensemble, pp. 107, euro 12), è al suo terzo romanzo.
“Il curatore sembra un buon diavolo / Oggi mi ha offerto anche un caffè / Mi ha poi sorriso dato che ero un po’ giù / E siam rimasti lì, chiusi in noi, sempre di più”.
È questa canzone, La ricostruzione del Mocambo, di Paolo Conte che Jacopo ascolta nel momento di buio peggiore. Come non pensare a quello che sta passando?
Jacopi Nuti, dopo un paio di anni, ha infatti visto fallire il suo locale per nottambuli amanti del jazz e dell’arte nel centro di Firenze. E non per mancanza di avventori o impegno, né passione.
Per ingenuità, per aver chiesto il prestito necessario ad aprire alle persone sbagliate.
La strada di Jacopo si incrocia quindi con quella di Folco Cerri, curatore fallimentare, avvocato di successo, 64 anni, una ex moglie e la nomea di “becchino”, in grado di camuffare per risolvere.
Due persone che all’apparenza non hanno nulla in comune, eppure sapranno sbloccare l’uno gli empasse dell’altro.
“Ricordati sempre una cosa, non puoi sapere chi entrerà da quella porta. E per quanto esperto tu possa diventare, l’esser umano ti sorprenderà ogni volta”.
In questa breve storia, raccontata asciuttamente e senza troppe ostentazioni linguistiche, fatto salvo qualche tecnicismo del mestiere, Martini mette in scena lo stupore dei rapporti umani e di quello che possono portare, agli altri, ma soprattutto a noi.
Folco Cerri è abituato, per professione, al concetto di fallimento, lo trova umano, ma quello che lo interessa è il modo in cui si reagisce al fallimento, per ognuno diverso.
Cerri lo maneggia il fallimento, Jacopo lo teme, consapevole che a ogni successo segue prima o poi una delusione di pari intensità.
I due trovano il punto di incontro sul terreno dello stato passivo: “stato passivo in pratica è l’atto che mette in ordine i creditori affinché possano essere pagati con quello che c’è. Un elenco, perché siano tutti posti più o meno sullo stesso piano, senza creare disparità. (…) adesso che mi ci fa pensare, può sembrare la descrizione di una condizione umana.”
Cerri, forse dopo aver rincontrato la moglie per caso, proprio nel locale di Jacopo, si accorge che magari una seconda possibilità va data a tutti, che tocca darsi una mano a tenere dritta la barra di quella nave un po’ storta che è la vita. E la possibilità che diamo agli altri, spesso la diamo prima a noi stessi.
“Dopo le mie vicissitudini / Oggi ho ripreso con il mio bar / Dopo un periodo di solitudine / Il Mocambo ecco qui tutto in fior”.
Laura Franchi