“Sotto la pelle”, ci siamo noi
David Machado è l’autore di “Sotto la pelle” (Voland, 2024, pp. 292, Euro 20,00), con la traduzione di Romana Petri. Nato a Lisbona nel 1978, è tra le voci più affermate della letteratura portoghese. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui il Prémio Branquinho da Fonseca nel 2005 e l’eu Prize for Literature nel 2015.
“Pensavo che, lontano da tutto, la mia vita potesse essere diversa. Solo che non è possibile restarsene lontani per tutta la vita, esiste una necessità istintiva di compagnia e di comunione che è molto difficile annullare. È bastato che lei comparisse perché questo istinto venisse fuori azionando l’ingranaggio degli affetti fermo da tanto tempo.”
Tre diversi momenti temporali solo in apparenza slegati tra loro. 1994. Júlia non ha mai detto la verità su quello che le è accaduto. Nemmeno ai genitori, che la sentono sempre più distante; né ai suoi amici, che non vede da mesi. Júlia non vuole pensare al futuro, vuole vivere solo il momento presente ripetuto all’infinito. L’incontro con la piccola Catarina la fa uscire per un attimo dal torpore. 2010. Un uomo in carcere decide di scrivere la sua storia d’amore con una donna che non vuole essere amata. 2017. Manuel registra, per l’adulto che diventerà, delle audiocassette in cui racconta la sua vita con la madre, che lo ha isolato in una casa sul limitare di un bosco. Tre storie e tre voci narranti che si intrecciano a distanza di anni.
Machado ci porta molto abilmente sulla via della paura, quella che diventa senso di colpa anche se il male lo abbiamo subito, quella che ti blocca, che ti estranea dal normale flusso della vita. E ci racconta tre diversi modi di provare a esorcizzarla quella paura, che altro non è che un dolore non risolto. Júlia è sempre attenta, sempre allerta, “la paura le è entrata dentro per sempre, come un tarlo in una trave umida, mangiandola lentamente da dentro, fino a svuotarla.” Come in quella canzone di Fiona Apple: la fame fa male, ma affamarti funziona quando amare ti costa troppo. Catarina è maestra nel ferire gli altri prima che gli altri lo facciano con lei. È bugiarda, manipolatrice, non si lascia amare né avvicinare davvero. Manuel, seppur molto giovane, sa che chi ti sta intorno può farti del male, in qualunque momento, anche senza preavviso. Ma succede anche che gli altri possano salvarti, dalla solitudine per esempio. Avere paura degli altri è meglio che stare da soli.
“Perché forse era proprio vero, prima o poi chiunque poteva finire per impazzire e inventare regole che gli avrebbero permesso di continuare a vivere lontano dalle cose brutte, e l’unica differenza era che, al contrario di tutti quanti, mia madre aveva queste regole scritte su dei cartoncini appesi dietro le porte.”
Machado, con una scrittura quasi ipnotica, ci mette davanti a un bivio: superare dolore e paura aiutando qualcuno o ferendolo? Ma anche davanti a domande che prima o poi arrivano nella testa di tutti: le cose sono davvero eterne? Non c’è un modo di fermare il processo di rivivere in continuazione i nostri giorni peggiori? Non esiste una cura per i nostri ricordi? Tutti prima o poi fanno del male, anche senza volerlo. E anche se tutto quello che accade, sembra non smettere mai di accadere, anche se certe catene sono difficili da spezzare perché il corpo ricorda, Machado ci invita ad avere comunque fiducia nell’altro: così gli esseri umani sono arrivati dove sono. Essere soli è quasi come non esistere.
“Per favore, ricordati di questo giorno, Manuel, il giorno in cui tutte le cose brutte che ti succederanno non sono ancora accadute e sei convinto che solo gli altri ti possano salvare.“
Sotto la pelle c’è quello che non riusciamo a dire né a dimenticare. Ci siamo noi.
Laura Franchi