Sopravvivere al profondissimo abisso delle parole: appunti per un capolavoro assoluto
“Per me nessun essere umano è diverso dagli altri, qua le persone le trattiamo così, li seppelliamo nella terra sotto l’ombra della croce, perché siamo tutti quanti uguali. Possiamo essere neri, verdi o rossi, ma dentro abbiamo tutte le ossa bianche” – Vincenzo (custode, addetto al recupero dei morti, operatore alla camera mortuaria, saldatore delle bare, spalatore della terra, inserviente, muratore e giardiniere del cimitero di Lampedusa). – Da “Appunti per un naufragio” di Davide Enia
“L’Abisso”, porta a Teatro Appunti per il Naufragio, fortunatissimo romanzo che ci racconta ciò che sta accadendo nel Mediterraneo con le traversate, gli sbarchi, i salvataggi, le tragedie ecc., in un intreccio tragico, anche se con accenti irresistibilmente comici, con le vicende personali dell’autore e dei suoi familiari e amici.
Lampedusa è un puntino in mezzo al Mediterraneo; ma rappresenta anche un punto di svolta, che dura ormai da tanti, troppi anni, tra un “prima” e un “dopo” delle nostre coscienze. Enia, con il suo testo, ne fa soprattutto un punto di incontro tra la Storia, quella con la S maiuscola, e tante altre storie, quelle da lui vissute in prima persona e quelle di tanti testimoni diretti conosciuti nella sua lunga esperienza lampedusana.
La magia di questo meraviglioso spettacolo, in cui cunto siciliano, canto, racconto, silenzio, gesto e musica si fondono con un’intensità rara, capace di colmare ogni vuoto e di trascinarci irresistibilmente nel profondo abisso di parole a cui ci sembra, quasi, di non poter sopravvivere, è però un’altra. La magia, l’incanto, sono nella trasposizione, nel riuscire a rendere carne viva le parole. Né letteratura né narrazione, “L’Abisso” è Teatro.
Davide Enia, dimostrando una straordinaria capacità drammaturgica, trasporta il suo testo al tempo presente, lo smonta e lo rimonta, introduce il dialetto esaltandone l’impatto drammatico e introducendo momenti di comicità deflagranti, accompagna la parola con una gestualità enfatica ed efficacissima, e così “ci fa vedere” ciò che accade. La scena è semplice, nuda, vuota come il mare aperto. A riempirla solo due sedie, le parole di Davide e la musica originale, delicata e straziante, di un musicista straordinario come Giulio Barocchieri, che accompagna Enia in tutti i suoi spettacoli.
L’”Abisso” insopportabile del Presente ci commuove e ci scuote. È inevitabile, e allo stesso tempo dolce e doloroso, abbandonarsi a questo vortice, e lasciando fuori ogni giudizio e ideologia immaginarci a Lampedusa, “a piantare un oleandro davanti a quelle tombe, per dare a quei corpi quell’intimità che non hanno avuto in tempo di morte, perché crescendo l’arbusto, con l’intreccio di rami e foglie, li protegga dal maestrale, dall’inverno, dagli sguardi cattivi”.
L’ “Abisso” di Davide Enia – andato in scena dal 17 al 24 novembre al Piccolo Teatro Grassi di MIlano – molto semplicemente, è uno degli spettacoli più profondamente significativi di questi ultimi anni.
A.B.