“Somewhere”, il disco che avvia il dialogo immaginario con i registi amati da sempre – Intervista a The Lost ABC
Due musicisti e due percorsi musicali diversi che si uniscono in un un’intenzione comune: così nasce il progetto The Lost ABC, formato da Gianluca Mancini e Massimiliano Fraticelli. Il 28 maggio è stato pubblicato il loro primo lavoro discografico insieme, dal titolo “Somewhere” (Memory Recordings – Believe Digital Distribution). Un disco di nove tracce fortemente evocativo e registrato in un modo molto particolare. Abbiamo posto qualche domanda agli artisti per saperne di più.
L’idea di “Somewhere” quando ha iniziato a farsi strada e in quanto tempo l’avete realizzato?
Avevamo voglia di fare qualcosa senza che ci fosse un preciso obbiettivo se non di fare quello che avremmo sempre voluto fare e cioè arrangiare per il cinema, in un immaginario dialogo con i registi che abbiamo sempre amato. Così è nato questo flusso di creatività libero e stratificato, senza la necessità di fare un percorso narrativo con uno stile per forza ripetitivo o eccessivamente coerente con un genere. Quindi ci abbiamo impiegato il giusto tempo, ossia mesi.
La particolarità di questo disco sta in primis nel fatto che gli strumenti non sono stati registrati in studio, ma in diverse situazioni; per questo avete chiamato il disco “Somewhere”?
Sì, perché è sorprendente come oggi si possa registrare in remoto grazie all’avanzamento delle tecniche di registrazione e soprattutto all’alleggerimento dei materiali. Perché allora, avendo il tempo di farlo, non andare a catturare il suono degli strumenti nei luoghi dove hanno sempre vissuto, ricercandoli per le loro caratteristiche acustiche uniche? Soprattutto i pianoforti, che sono strumenti raramente trasportabili. Forse “Somewhere” è un titolo che include anche l’idea dell’assenza di un centro, di un luogo, la ricerca della indeterminatezza come stile.
Avevate già sperimentato la registrazione in luoghi che non fossero lo studio? Come avete scelto di abbinare a questo tipo di registrazione anche il field recording?
Massimiliano lavora da anni come Field recordist e mi ha portato da ascoltare ambienti e loop che nel corso della sua esperienza aveva avuto modo di registrare. Così evocativi che a volte siamo partiti dai fondi ambientali e su di essi abbiamo costruito le prime melodie in uno studio progressivo che ci ha portato nella successiva fase all’aggiunta delle parti strumentali.
Il brano “Wood in stripes” si distingue dagli altri, un ritmo più accentuato, atmosfere più psichedeliche, qual è stato il suo processo creativo?
Entrambi amiamo profondamente l’afrobeat, il pezzo è nato da lì: un riff di chitarra semiacustica , un altro incrociato ma con groove, il resto è venuto da sé. A volte la musica nasce da studio e ripetizione, altre volte è puro istinto e sovrapposizione di ulteriori istinti: il brano in questione è della seconda specie.
Ascoltando il disco ultimato, in quale “Somewhere” vi siete sentiti trasportati?
Ti risponderei soprattutto nei libri, dalle descrizioni futur-surreali dei romanzi di Kurt Wonnegut, al terrificante “Racconto dell’Ancella” di Margaret Atwood, da cui la splendida serie. Questi sono alcuni dei nostri “Somewhere”.
Avete in mente, per quanto possibile, di presentare il disco dal vivo?
Ci piacerebbe unire tecnologia e strumenti acustici e interagire con dei visuals sincronizzati. Stiamo allestendo uno spettacolo live in cui l’elemento sonoro è costituito da tre musicisti con i loro strumenti acustici collegati a loop e live electronic. Non è stato possibile provare e per ora, il progetto si è sviluppato solo nella testa, con le riaperture finalmente possiamo giocare di nuovo.
Come avete scelto la grafica della copertina di “Somewhere” e cosa rappresenta?
Abbiamo affidato l’artwork del disco al direttore Creativo di Gybe Studio Diego Albani, che si è ispirato ai rilievi cartografici e al duo che compone The Lost ABC. Noi siamo i due epicentri che generano delle onde che si incontrano. Un parallelismo tra la natura e il suono da noi prodotto.
Pensate che ci sarà un seguito a questo disco e soprattutto al progetto The Lost ABC?
Certo, è un progetto che ha fonti sonore inesauribili, per cui ogni capitolo potrà essere veramente unico, vogliamo inserire il viaggio in maniera predominante nel processo creativo ed incorniciare quanta più natura volante e vibrante nella tavolozza. Anzi, sono aperte le richieste a chi volesse farci sentire come suona il pianoforte di casa sua, proveremo poi ad incrociarlo con cascate islandesi o rumori di ambienti avvolgenti catturati chissà dove e chissà quando. C’è ancora molta strada da fare
Quando vi siete incontrati e quando avete deciso di unire le forze per il progetto The Lost ABC?
Abbiamo iniziato a collaborare negli anni ’90, poi le nostre carriere hanno preso direzioni diverse e si sono incrociate di tanto in tanto, fino a qualche anno fa, nel 2015, quando abbiamo deciso di lavorare ad un progetto nostro.
Roberta Usardi
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