“Sherlock Holmes e i delitti di Jack lo Squartatore” al Teatro Sala Umberto di Roma
Il Teatro Sala Umberto si riempie di nebbia, una nebbia densa e misteriosa che improvvisamente catapulta l’intera sala indietro nel tempo. Ci ritroviamo nella Londra del 1888, più precisamente al 221B di Baker Street. Giusto il tempo che la nebbia si dissolva e ci rendiamo conto che non siamo soli. Sul palco, infatti, c’è un uomo che si agita nel sonno e che farnetica ripetendo sempre lo stesso nome: “Moriarty, Moriarty!”. Quello, come poco dopo scopriamo, non è un semplice uomo, ma è uno dei personaggi più brillanti ed intriganti della storia della letteratura: Sherlock Holmes, figlio della fervida penna di Arthur Conan Doyle, scrittore scozzese dell’ XIX secolo. Il regista Ricard Reguant, grazie ai ritrovamenti di Hellen Salfas, è riuscito ha portare in scena il mistero e la violenza, ma anche l’intelligenza e l’intuito di Holmes e degli altri personaggi del racconto, alternando la brutalità della cronaca nera londinese dell’età vittoriana a momenti di ironia e riflessione psicologica.
Tutta la storia si sviluppa intorno al quartiere di Whitechapel dove, dopo ripetuti omicidi, Sherlock Holmes (Giorgio Lupano) e il suo fedelissimo compagno d’avventure Dr Watson (Francesco Bonomo) vengono chiamati dall’ispettore Lestrade per scovare l’assassino e risolvere il mistero. I vicoli bui di questo fetido quartiere sono diventati più pericolosi del solito e dopo la mezzanotte, oltre ai soliti ubriaconi, si aggira un pazzo soprannominato dai giornalisti Jack lo squartatore, che uccide e mutila ignare prostitute (Barbara Folchitto). In corso d’opera si aggiunge alle indagini anche la bellissima spia Irina Alder (Rocio Munoz Morales), vecchia fiamma del detective, che non manca certo di stupire tra sensualità e doti nascoste. I tre riescono a risolvere il mistero dando all’opera un finale che lascia tutti senza fiato. Oltre all’importanza data alle ricerche investigative però, parte del racconto viene dedicata alla scoperta dell’anima del protagonista, il quale si scopre essere tormentato da un’oscura figura che non gli dà pace, rendendolo schiavo delle droghe e dell’alcol. Stupisce, durante la visione, l’arrivo inatteso di alcuni personaggi quali la Regina Elisabetta, personaggio stereotipato, entrata in scena sarcasticamente e il Dr Freud che, in una scena molto suggestiva, dà prova delle sue note conoscenze in campo terapeutico. L’intera rappresentazione si basa su una tecnica teatrale ripresa dal drammaturgo latino Plauto, ovvero l’assenza della quarte parete, la frequente interruzione del racconto da parte di un personaggio che spiega agli spettatori la scena. In questa particolare opera tale funzione è affidata al Dr Watson e qualche volta anche a Sherlock stesso, che si rivolgono al pubblico chiarendo situazioni, facendo riferimenti ad idee personali e ad eventi accaduti nel passato tramite flashback. Dello stesso Plauto è una delle tante citazioni riprese dalla letteratura classica, “homo homini lupus” e questa come molte altre si trova nello splendido dialogo tra Holmes e Watson riguardo l’uomo e la parte malvagia che sempre si trova in ognuno di noi, messo in scena verso la fine.
L’impeccabile recitazione degli attori è fortemente supportata da una dinamica scenografia digitale proiettata sul fondo del palco, di La Caja Negra Ta, da musiche sempre coerenti, originali composte da Pep Sala, e da un bellissimo gioco di luci che permette di estraniarci dalla realtà e mettere mente e anima a disposizione della finzione scenica. Uno spettacolo che colpisce, energico, avvincente e spassoso al punto giusto. Si rimane coinvolti e si gioca con gli attori dall’inizio alla fine, sentendosi davvero immersi nell’elisabettiana e piovosa Londra ottocentesca, al fianco di un perspicace detective. Non è che forse davvero la Sala Umberto di sera si trasforma in una macchina del tempo? Starà a voi scoprirlo…
“Sherlock Holmes e i delitti di Jack Lo Squartatore” è in scena fino all’8 marzo.
Chiara L.