“Sentivo la necessità di ricercare l’equilibrio” – Intervista a VIENNA
“Dire Bene e Dire Male” è il nuovo singolo della cantautrice pugliese VIENNA in uscita lo scorso 22 dicembre. Noi abbiamo avuto l’opportunità di intervistarla, ed ecco che cosa ci siamo detti!
“Dire Bene e Dire Male” è il tuo nuovo singolo, brano che affronta temi profondi come la autoconsapevolezza e il raggiungimento dell’equilibrio. Puoi condividere con noi l’ispirazione dietro il brano?
Il progetto precedente (“Radici//Foglie”) trattava della contraddizione che avvertivo tra il voler restare in ciò che conoscevo, praticamente ed emotivamente, e il lasciare andare con consapevolezza. Mi piace il fatto di scrivere e pubblicare aspetti che scelgo di “risolvere” nella mia vita personale, nell’arco temporale in cui si presentano, che di solito è di almeno due anni. Per cui, “Dire Bene e Dire Male” è un brano che ho cercato fortemente dopo aver chiuso dentro di me il capitolo “Radici//Foglie” e aver affrontato tutte (o quasi) le tematiche di quel progetto. È partito tutto dall’intenzione. Sentivo la necessità di unire gli opposti di “Radici//Foglie” nella ricerca di quello che in genere viene definito equilibrio. Questa ricerca, volente o nolente, ti porta ad affrontare tematiche interiori sempre più profonde. Nel concreto il brano è nato, come spesso mi accade, dal prendere atto di questa intenzione tramite delle frasi che segno su dei post-it, dal titolo e dalla ricerca del mondo sonoro che mi piacerebbe toccare. Mi sono interrogata molto sulla mia interiorità, sulla consapevolezza, sull’equilibrio, sul silenzio e sulla condivisione, e queste domande hanno dato il via ad un viaggio psicologico-meditativo che, per fortuna direi, non ha una fine e garantisce una evoluzione personale. Credo che questo sia il fine ultimo di molte cose.
Il tuo approccio alla “consapevolezza” nel brano è descritto come una conoscenza dolorosa e necessaria di se stessi. Come questo concetto si riflette nella tua esperienza personale e come credi che possa connettersi con gli ascoltatori?
“Consapevolezza” è il nome che ho voluto dare a molti periodi della mia breve vita. Nel senso che secondo me si diventa consapevoli di molte cose ogni giorno, però bisogna aprire gli occhi. Mi sono sempre fatta molte domande su me stessa e sulla vita, e forse questo è dipeso dall’aver iniziato a scrivere canzoni molto presto. Il fatto di rileggerti ti pone in una condizione di forzato contatto con te stessa, che è bellissimo ma richiede un’attenzione costante immensa. Forse nel tempo questo lavoro mi ha portato ad avere tanto materiale emotivo su cui lavorare, a cui nel tempo ho cercato (e cerco tutt’ora) di dare una parvenza di ordine tramite la terapia, la meditazione e ovviamente la scrittura. Tutti questi aspetti aprono gli occhi su te stesso, sulla vita, sulle cose semplici. Per cui la consapevolezza va esercitata, con la consapevolezza (scusate il gioco di parole) che non sempre quello che andremo a scoprire ci piacerà, però è un tassello quotidiano fondamentale se vogliamo dare un senso alle cose. È un concetto così personale che paradossalmente si connette a tutti in maniera diversa. Tutti sappiamo di dover lavorare su qualcosa e tutti restiamo da soli con i nostri pensieri ad un certo punto del giorno o della notte.
Nel testo di “Dire Bene e Dire Male” parli di “galleggiare” anziché cercare una centratura perenne. Puoi spiegarci cosa intendi con questa metafora e come hai voluto trasmettere questa prospettiva attraverso la musica?
La ricerca di equilibrio resta solo una frase come un’altra se non hai un tuo modo di attuarla. Mi sono resa conto nel tempo che cercare il mio equilibrio mi metteva in agitazione, come se dovessi trovarne uno da mantenere sempre, e diciamo che non vado molto d’accordo con la staticità. “Galleggiare” è il termine che ha reso questo processo più affine a me. Alla fine, tutti galleggiamo, ma non tutti ne siamo consapevoli. Ci dimeniamo nell’acqua pensando di non farcela e invece delle volte basta “fare il morto” e diventare consapevoli del proprio corpo, del proprio spazio, delle proprie possibilità, della propria voce e così via. In acqua chiaramente non hai la sensazione di stare fermo, quindi non è un equilibrio costante, statico. È un equilibrio che cambia, a cui ci adattiamo man mano che le condizioni esterne e interne cambiano il loro modo di relazionarsi. È la metafora con cui ho cercato di vivere meglio la mia quotidianità e che di riflesso ho voluto portare in musica, sia come approccio sia come tematica.
L’oscillare tra un costante confronto con la propria interiorità e il mondo è la chiave del tuo brano. Come gestisci personalmente questo equilibrio tra introspezione e relazioni esterne?
Questa è una di quelle cose che non mi chiedo come fare, la faccio e basta. È una condizione. Sono un essere umano e in quanto tale sono per forza scaraventato da una parte all’altra tra la mia interiorità e il mondo esterno. Raggiunta questa consapevolezza, con l’aiuto di terapia e meditazione, sto recuperando gran parte delle energie che sprecavo nel chiedermi come esistere, esistendo e basta, con tutte le difficoltà e le gioie annesse.
Hai dichiarato di aver abbandonato un meccanismo di controllo nei tuoi confronti, con questa canzone. Qual è stato il punto di svolta che ti ha portato a questa consapevolezza e come questo ha influenzato il tuo processo creativo?
Sicuramente i “periodi no” sono il punto di svolta di molte cose. Non ne ho uno specifico in questo caso. Probabilmente piano piano, dando questo nome (controllo) a un senso di malessere che avvertivo, è stato più semplice iniziare ad affrontarlo. Questo ha influenzato il mio processo creativo nella misura in cui anche quando scrivo o quando siamo in studio a produrre non dico più “no” a priori a qualcosa (soprattutto alle idee degli altri) solo per appoggiare la parte del mio cervello che si sente al sicuro se fa qualcosa che conosce già. Di rimando ho scoperto tantissime cose che non pensavo potessero piacermi o abbinarsi alla mia voce e alle cose che ho da dire.
Il tuo percorso musicale è stato molto ricco e variegato. Come tutte queste esperienze si fondono nella tua musica e nella tua identità artistica?
Tutte le esperienze hanno “voce in capitolo”, alcune più di altre in base alle situazioni specifiche. Però in generale provo a dare loro uno spazio (che per me che non ricordo mai dove metto le cose è complicatissimo) in tutte le cose che faccio, lasciandone sempre uno vuoto per accogliere cose nuove. Si finisce a cucinare sempre le stesse cose se si usano sempre gli stessi ingredienti. Quindi nove spazi per ciò che conosco e uno per ciò che non conosco. In questo modo provo a creare un percorso che da una parte ha continuità e dall’altra è sempre variegato.
Lasciaci con un messaggio per i lettori di Modulazioni Temporali!
Vi lascio con una frase che ho letto di recente su un libro che si sta rivelando illuminante: “L’opera si rivela strada facendo”. Ogni lettore può scegliere come interpretarla, ma secondo me da qualsiasi parte la si guardi, questa frase dice qualcosa ad ognuno di noi. Alla prossima, un bacio grande.
https://www.instagram.com/iosonovienna/
https://www.facebook.com/iosonovienna/