Sasha Torrisi e il nuovo EP “Itaca” – L’intervista
Lo scorso 18 settembre è uscito “Itaca” il nuovo EP di Sasha Torrisi insieme al singolo “La mia prigione”. Questo lavoro unisce più artisti di diversi ambiti:il packaging mette in risalto degli scatti del fotografo trevigiano Diego Feltrin con citazioni della poesia “Itaca” di Kavafis, il progetto grafico è opera di SalMa e la copertina back and front dall’artista Alessandra Carloni. il progetto pittorico è stato curato invece da Elisabetta Bacchin, che ha seguito anche la realizzazione del videoclip, e il progetto multimediale è di Gianluca Bonomo. Nell’EP, oltre a Sasha Torrisi (voce, cori, chitarre acustiche, chitarre elettriche, tastiere) hanno suonato Fabio Rampazzo (chitarre elettriche e mandoguitar), Lorenzo Miatto (basso), Pino Vendramin (pianoforte e tastiere) e Giacomo Furiassi (batteria). Abbiamo fatto qualche domanda a Sasha per andare più a fondo in questo suo ultimo lavoro.
“La mia prigione” è il primo singolo da “Itaca”, il tuo nuovo EP, in cui canti nel ritornello “non dimentico i sogni che ho bruciato prima che nascessero, ora me ne andrò a cercare più di quel che ho” è un incitamento a non arrendersi mai?
Sì, esatto, è proprio questo il significato. la canzone infatti è divisa in due parti. La prima più malinconica e autocommiserazione, poi nella seconda parte, il protagonista ritorna ad essere lucido e riprende in mano le redini della propria vita per darle un senso e per lasciare un segno su questa terra. Che poi è l’obiettivo di ogni essere umano.
Il video di “La mia prigione” è in parte un lavoro di animazione molto bello, come è nata l’idea per la realizzazione?
È nata dalla collaborazione con una curatrice artistica, Elisabetta Bacchin, con la quale ho cercato di individuare l’Artista giusto per poter raccontare il viaggio e la canzone in un susseguirsi di citazioni simboliche e del mio passato. Un lavoro davvero impegnativo, ma che mi sta dando grandi soddisfazioni.
Nel brano “La mia prigione” emerge l’immagine “prigioniero di un’illusione”, qual è il modo per non illudersi e per rimanere focalizzati sull’obiettivo? Quanto, secondo te, l’ego entra in gioco in questo?
Sono convinto che spesso l’ego porti a prendere decisioni troppo affrettate, istintive e sbagliate. L’illusione rappresenta il sognare ad occhi aperti, ma coi piedi ben ancorati al suolo. È bello sognare e ambire a migliorare sempre di più per raggiungere obiettivi sempre più lontani, ma è giusto farlo con la consapevolezza dei propri mezzi e soprattutto dei propri limiti. L’illusione porta con sé anche la speranza di un futuro migliore.
Nella canzone “Itaca” canti “al di là del fiume c’è la verità, mi riporterà verso Itaca” cosa rappresenta Itaca per te?
Itaca è per me il luogo in cui si approda dopo un grande viaggio interiore per ritrovare se stessi e il proprio io più vero, profondo e intimo, fino a raggiungere la propria essenza privandosi di ogni maschera.
Quali sono i tuoi prossimi progetti, uscirà un altro singolo?
Sì, uscirà a breve un nuovo singolo dal titolo “Senza Rimpianto”. Poi realizzeremo un nuovo Ep, covid permettendo, nei prossimi mesi. Entrambi gli Ep, saranno successivamente contenuti in un vinile a tiratura limitata e numerata.
Dopo la tua esperienza con i Timoria ti sei dedicato per un lungo periodo principalmente all’arte, quanto è cambiato il tuo modo di dipingere dopo i Timoria?
Sì, la pittura è una forma d’arte che porto avanti da molto tempo e parallelamente ai miei progetti musicali. È ovvio che il mio modo di dipingere sia cambiato, spero in meglio, ma a prescindere dalla musica. Cerco di migliorarmi sempre di più per trovare un linguaggio il più personale possibile.
Quanto ci hai messo a scrivere le canzoni di “Itaca” e che tipo di viaggio interiore è stato, dopo “Un nuovo me” del 2009?
Ci ho messo molto poco se consideriamo le singole canzoni, ma è un progetto che è nel cassetto da almeno tre anni. Forse avevo bisogno di trovare il giusto equilibrio e le giuste persone che suonassero con me e condividessero questo progetto. Ora sono felice ed orgoglioso del prodotto artistico realizzato e delle persone che mi circondano in questa meravigliosa avventura. Il mio viaggio interiore è stato ovviamente molto difficile e tortuoso. Ho scavato a fondo nel mio intimo.
Tornando indietro nel tempo, come hai iniziato a fare musica?
Iniziai a sei anni con un pianoforte e i miei genitori mi spinsero a portare avanti questo talento naturale ed ora, dopo innumerevoli esperienze musicali passando dalla classica al punk, dal metal al rock, eccomi qui a voi.
Roberta Usardi
Fotografia di Diego Feltrin
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