Salone del libro di Torino: tra poesia e giornalismo
Lunedì 13 maggio 2019, Sala Granata. È un omaggio davvero appassionato e appassionante, quello dedicato alla poetessa Marina Cvetaeva da parte della scrittrice Nadia Terranova insieme a Viola Lo Moro. Bastano poche pagine di “Soneĉka” (Adelphi, traduzione Luciana Montagnini) ed ecco sprigionarsi la fiamma, il brivido di un legame intenso – tra due donne, la stessa Marina e l’attrice Sof’ja Gollidej – la rara corrispondenza tra ciò che si vede e ciò che si sente. Dirompente, immune al sentimentalismo, erotica seppur priva di alcun riferimento al sesso, la scrittura della Cvetaeva restituisce quello che, normalmente, “evapora”. Nulla, compreso l’amore, accade senza sofferenza, così come non ci può essere dono senza una rinuncia. Sostiene Nadia Terranova che questo libro “si impasta con la vita di chi lo legge”, più di quanto ci si renda conto.
Ci spostiamo al padiglione Oval, dove un discreto numero di visitatori è in fila per accedere alla Sala Viola. Sia per l’attualità dell’argomento sia per il calibro dei protagonisti, l’incontro “Il futuro del giornalismo – Tra fake news e disintermediazione” si rivela un’occasione più unica che rara. Daniele Cerrato, in veste di moderatore, prima di introdurre gli ospiti sottolinea che di “buon giornalismo” c’è tanto più bisogno quanto più nel mondo tutti pensano di essere già bene informati. La parola va a Bernardo Valli, che ripercorre i piccoli e grandi cambiamenti vissuti sulla propria pelle di inviato stampa: dal telegrafo agli smartphone (passando per il telex), lo sviluppo della tecnologia ha costantemente rivoluzionato il mestiere del giornalista, in positivo ma anche in negativo. A una maggiore velocità nel comunicare e alle risorse per contrastare i tentativi di censura, corrisponde la scomparsa di figure professionali (ad esempio lo stenografo) e di una serie di passaggi di redazione utili a garantire correttezza e qualità. Nell’epoca della simultaneità e dell’on-line, secondo Valli il futuro del giornalismo consiste nel non limitarsi ad attingere e trasmettere notizie ma a fare davvero informazione cioè fornire una analisi dei fatti, una spiegazione di ogni notizia. Interviene Carlo Verna, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti: il lavoro consiste nella mediazione tra la notizia e il pubblico, ma il giornalista professionista ha perso l’esclusiva di essere uno che parla a tanti. Tutto avviene a grande velocità, anzi sta diventando normale pensare che “slow news – no news”, ma è un forte, fortissimo rischio. Per le fake news, ma non solo: a venire meno è la capacità di fermarsi a riflettere, a comprendere il senso di ciò che si sa.
In merito al rapporto tra media e istituzioni, anche Vittorio Roidi (presidente della Fondazione Paolo Murialdi) ribadisce che la democrazia ha bisogno di notizie certe, di verità: occorre dunque, a suo avviso, un profondo cambiamento dell’intera organizzazione professionale, in modo che i giornalisti possano adeguatamente gestire il potere a loro riconosciuto dal Legislatore. Il lavoro di mediazione, svolto dal giornalista, è ancora più urgente nel mondo contemporaneo rispetto a un secolo fa, perché oggi “siamo sommersi di falsità scritte bene”, dunque il futuro del giornalismo richiede forme nuove di addestramento professionale e di lavoro in redazione per rispondere all’irrinunciabile bisogno di verità da parte del cittadino.
A sua volta Alberto Sinigaglia (presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte), tornando con la memoria al tempo in cui “passare un pezzo” significava spesso correggerlo o riscriverlo da cima a fondo prima di arrivare alla pubblicazione, ritiene un fatto di per sé evidente che a giocare un ruolo fondamentale era sia la quantità sia la qualità del personale, e che la redazione era, di fatto, la vera scuola di giornalismo. In riferimento agli Stati Generali dell’editoria tuttora in corso, non c’è mai stato così tanto bisogno di qualità e di moralità nell’intermediazione tra cittadino e notizie, ed è in questa direzione che si deve procedere collaborando con gli editori e con il Legislatore. Ancora molti i temi toccati, dalla formazione degli aspiranti giornalisti all’emergenza dell’equo compenso di lavoro. Due gli interventi conclusivi: Sinigaglia vede nel giornalismo la maniglia cui si deve poter afferrare il cittadino, perché alla democrazia servono cittadini veramente informati; a quanto è stato detto sul rapporto con le istituzioni in generale e con quelle dell’Italia in particolare, Cerrato aggiunge che il giornalismo si presta a essere specchio del sistema paese, nel senso che le difficoltà del primo sono sintomatiche di altrettanti problemi urgenti del secondo.
Pier Paolo Chini
Ho pubblicato una raccolta poetica contenente centotrenta poesie divise in quattro sezioni: Eternità, Umanità, Sublime, Libertà. Sono poesie spietate, per contemplare, amare, gioire, riflettere, confrontarsi, raccogliersi.
Vorrei far conoscere le mie opere e mi piacerebbe ci mettessimo d’accordo per uno spazio in cui almeno citarle.