“Sabbie Mobili – Tre settimane per capire un giorno” di Malin Persson Giolito
“Una persona è innocente finché un tribunale non dichiara la sua colpevolezza”
Perché la giovane Maja, di appena diciott’anni, è seduta in un’aula di tribunale? Cosa è successo nove mesi prima, quando la polizia l’ha trovata a scuola con Sebastian esanime tra sue braccia e altre quattro persone a terra senza vita?
La Stoccolma bene. Una scuola e una strage. Solo Maja è viva ed è proprio lei a raccontarci – in prima persona, con un linguaggio sciolto e senza freni e in modo accurato e scorrevole – la vita di chi la circonda e le tre settimane del processo che la vedono come colpevole della strage che ha coinvolto anche il suo ragazzo e la sua migliore amica, Amanda. Maja ci riporta indietro, con continui e improvvisi flashback, per ricostruire la sua vita e quella delle vittime: l’incontro con Sebastian, un amore che la coinvolge e sconvolge allo stesso tempo; il legame con Samir che cerca di aprirle gli occhi e l’indifferenza degli adulti che, distratti dal lavoro e dalla vita agiata, non vedono cosa succede ai loro figli, sempre più persi e soli. E ancora, Maja – in un continuo flusso di pensieri – si analizza attraverso gli episodi dell’infanzia e il rapporto con i suoi genitori, attuando una sorta di allontanamento da se stessa e dalla sua vita. Ad accompagnarla, nelle tre settimane di un pesante processo che riempie quotidianamente la cronaca locale e i media, c’è l’avvocato Sander, il miglior penalista della Svezia.
Le pagine di “Sabbie Mobili” (Salani Editore, pp. 443, euro 16,90) – scritte da Malin Persson Giolito da cui è tratta la serie di Netflix “Quicksand” – si sfogliano con una placida attesa. Ognuna sembra quella giusta, in cui le parole finalmente spiegheranno a tutti ciò che è accaduto, per lasciarci sistematicamente sospesi, a immaginare un colpo di scena che non arriverà, mentre piano piano ci troviamo anche noi a sprofondare, insieme a Maja, in una densa melma, senza via d’uscita.
Marianna Zito