Russo Amorale, cantautore italo-francese, e il secondo album “Europe” – L’intervista
Il 20 febbraio scorso è uscito per Esagono Dischi “Europe”, il secondo album del cantautore italo francese Russo Amorale, all’anagrafe Ugo Russo. Il disco fa seguito all’EP omonimo uscito nel 2016.
Iniziamo dal nome, Ugo Russo diventa Russo Amorale, potresti raccontare come è nato il nome d’arte?
È un nomignolo che mi porto dietro da tanti anni, deriva da una canzone dei Gogol Bordello che parla di emigrazione e di italianità, quindi in un certo senso della storia della mia famiglia. Il concetto dell’amoralità mi piace, è camaleontico, non è “morale” ma neanche “immorale”… È un concetto in bilico, come lo sono anch’io tra la Francia e l’Italia.
“Europe” è il tuo secondo album, uscito a quattro anni di distanza dal tuo primo EP, qual è stato il processo creativo che ti ha portato a scrivere le nuove canzoni?
Un processo di sedimentazione. Dopo l’uscita del primo EP, mi sono spostato molto tra Nancy (la mia città), Bologna, Lione e Parigi. Per scrivere e comporre un album ci vuole stabilità, non era quindi il momento giusto. Nonostante ciò, accumulavo idee, riff, versi. Quando si è presentata l’opportunità di registrare un album nel mitico studio Esagono, avevo già tanti spunti e ho dato l’ultima spinta per trasformare il tutto in canzoni. Il lavoro in studio è stato parte integrante del processo creativo: ho avuto la fortuna di poter elaborare idee e provare soluzioni nuove in studio, registrare linee di basso e voci fino a notte inoltrata, grazie alla complicità di Stefano Riccò (il mio produttore) e Francesco De Nisco che mi hanno trasmesso tanta energia positiva.
In “Acque torbide”, primo singolo di “Europe”, uscito nel 2019, canti “un critico critica le mie canzoni ermetiche nel bar Occhio Torpido”; i tuoi testi sono tutt’altro che scontati e con immagini inusuali, li definiresti ermetici?
Mi fa piacere che tu abbia colto questa battuta metapoetica. Sì, diciamo che i miei testi sono elaborati, non per forza ermetici. Non cerco assolutamente di essere astruso, c’è anche tanta autoironia e mi diverto molto. È vero che nei miei testi c’è una ricerca linguistica personale che rispecchia appunto la mia identità italo-francese; ma non credo che l’ascoltatore ne sia escluso, anzi: “mon semblable, mon frère!”. Spesso mi chiedono dei miei personaggi “ma chi è Alberto Neri? E Marconi l’allungato?”… Ieri, un amico mi ha detto “Ugo, io non ci vengo a dormire con te nel nido del corvo!”, riferito ad un verso della canzone “Wildfires”…!
Ci sarà un altro singolo che verrà estratto dall’album, dopo “Europe”?
Penso proprio di sì. Come puoi immaginare è tutto un po’ fermo in questo momento, vediamo come vanno le cose nei prossimi mesi. Di sicuro ci saranno altre sorprese.
Qual è la musica che preferisci, quali artisti ti hanno accompagnato nella tua crescita umana e artistica e quali ascolti ora?
Le mie coordinate sono sicuramente il folk, il rock e il blues, ma musicalmente sono stato segnato da tante cose diverse, da Skip James a Roberto Murolo, da Georges Brassens al Wu-Tang Clan, da Astor Piazzolla a John Zorn… L’ultimo album che ho ascoltato è “Alles in Allem” degli Einstürzende Neubaten.
Nel tuo disco “Europe” mescoli abilmente tre lingue, pensi a un lancio internazionale della tua musica?
Beh, è già così: il mio album è disponibile su Spotify, iTunes e tutte le piattaforme digitali quindi, in un certo senso, “worldwide”. Sarebbe molto bello poter suonare in giro per l’Europa, appunto… Quando ripartirà tutto, il primo obiettivo “internazionale” sarà quello di organizzare un mini-tour in Francia.
La copertina del disco mostra due cartine vicine, una spiegazzata, qual è il concetto di “Europe” per te (in qualsiasi modo tu voglia leggerlo, se in francese, in inglese o in italiano al plurale) ?
In questo album parlo della mia Europa intima, vissuta tra Nancy e Bologna, tra Nizza e Benevento, le città delle mie radici, “le città dei miei amori dispersi”, come dice il verso che apre la canzone eponima. La mia Europa quindi è un’Europa fantasmagorica, romantica, anche sofferta, per certi versi: la mia Europa è già America, un continente da scoprire, una nuova frontiera.
Con chi ti piacerebbe collaborare?
Se devo sparare un nome grosso, in Italia ti direi Teho Teardo. Per rimanere coi piedi per terra, potrà sembrare una paraculata ma non vedo l’ora di poter collaborare con i miei musicisti. Dovevamo partire con i concerti proprio quando è iniziata la crisi del coronavirus, è stato molto frustrante. Spero che potremo rimediare presto.
Roberta Usardi
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