Rosalind Franklin. Il segreto della vita – al teatro Morlacchi di Perugia
Lo spazio delle emozioni profonde, sovente inconsce, fuori dal controllo, e il contenuto della scienza, la razionalità che esige misurazioni esatte. Apollineo e dionisiaco: il teatro e la cristallografia. É la conciliazione tra due apparenti opposti l’ambizioso obiettivo che si pone: “Rosalind Franklin. Il segreto della vita”, la cui lunga tournée è iniziata dal Teatro Morlacchi di Perugia. La storia da raccontare, la vita da richiamare alla memoria è appunto quella della dottoressa Franklin, chiamata nel 1953 da Parigi a Londra per mettere il suo genio scientifico e la sua assoluta abnegazione professionale al servizio di una delle scoperte più importanti della storia: il segreto della vita, come si chiamava allora quello che oggi, non senza superficialità, si dà per scontato in una sigla: DNA. La sintesi scelta dallo spettacolo, la cui drammaturgia è firmata Anne Ziegler, è quella – pur senza cedere a un eccesso di tecnicismi – di non rinunciare all’impostazione scientifica della storia. Le tappe del lavoro sono scandite con esattezza e una precisione che scivola con a tratti con garbo nel didattico (una necessità, per una vicenda di fatto sconosciuta fuori dall’ambito scientifico) in particolare nel primo atto, che si chiude con la rivoluzionaria scoperta della celebre fotografia 51, quella che ha permesso di dare una forma al segreto, fissando la migliore immagine del DNA ottenuta fino a quel momento.
La scena di Laura Benzi, espansa da un ampio ed efficace uso di video che prendono spazio e colorano un fondo bianco a cui fanno da specchio i veli che, su una pedana rotante vagamente ronconiana, disegnano lo spazio del laboratorio, vede però un agire guidato dall’altro motore. Le relazioni, parallele prima e confliggenti poi: quella burrascosa, diffidente e complessa fra la dottoressa Franklin e Maurice Wilkins, mediato con difficoltà dal giovane Ray Gosling, ben impersonato da Giulio Della Monica, e quella invece cameratesca e a tratti vagamente grottesca di Watson e Crick, rispettivamente Dario Iubatti e Paolo Zuccari, che, per la scoperta del DNA sono, invece, passati alla storia: il motivo sta proprio in questo dedalo di legami, e nella proditoria “confidenza” che Wilkins si prende con i due colleghi di Cambridge, per superficialità o forse per vendetta.
Se è sul Wilkins di Filippo Dini (anche regista) che la lettura offerta dal testo finisce, nonostante tutto, a orientare molte simpatie del pubblico, a Lucia Mascino è affidato il difficile compito di dare verità e onore, riaccendendo le luci della ribalta della storia, su una donna spigolosa e complessa come la dottoressa Franklin. Sola donna in un mondo di uomini, ebrea in un mondo che usciva dalla seconda guerra mondiale con le ferite ancora tutte aperte, l’immagine che gli uomini ne tratteggiano è un ritratto respingente. La dedizione al proprio lavoro, quasi maniacale ma piuttosto autenticamente scientifica, che invece la Franklin dimostra, con gli occhi di oggi potrebbe assumere i connotati di una risposta, ma chiede probabilmente di calarsi in un tempo diverso, in una personalità fondata sull’etica professionale, e sulla fiducia nella scienza e su un’emotività che concede a sé stessa solo per lampi, come esplosioni di particelle che nascondono un nucleo in piena ebollizione, che le musiche rarefatte di Arturo Annechino sembrano suggerire di tenere celato. Un nucleo che si lascia intravvedere solo a chi sia disposto a osservarlo, come il giovane dottorando Don Caspar, a cui Aleph Viola offre un’interpretazione intensa e di grande credibilità che ci fa rammaricare (non ce ne voglia il “titolare” Alessandro Tedeschi, di cui è ben noto il valore) che, delle molte repliche previste di questo spettacolo, a lui siano affidate soltanto quelle umbre e abruzzesi già trascorse. È il giovane Caspar a mettere in discussione la chiusura di Rosalind, ed è da qui che la temperatura emotiva dell’intera costruzione si alza, e tutto si spiega, la solitudine e la misura di Rosalind si fanno goffaggine, svelando, per un’istante lungo istante di grande intensità quasi lirica senza mai diventare stucchevole, le fragilità e l’interiorità gelosamente custodita di una donna che fino ad allora aveva non aveva offerto di sé che sprazzi. Ma il confine tra Rosalind e la dottoressa Franklin, la donna e la scienziata, è labile e fumoso, tutt’altro che scientifico: eppure uno spazio di controllo possibile esiste, e si trova nella misura della scelta. Tra agire e non agire, dire o tacere. Far avvenire o fare un passo indietro, correndo il rischio di accorgersi che sia troppo tardi. Ed è quando la scienza cede il passo all’emozione che questo testo, denso, corposo, non banale, prende i connotati preziosi di una riflessione su quello che poteva essere e non è stato, e mentre Rosalind Franklin muore per le conseguenze del suo lavoro, e Watson e Crick vincono il Nobel partendo dalle sue scoperte, non resta che domandarsi cosa sarebbe potuto succedere “se”.
Lo stesso se dal quale Rosalind Franklin si vede oggi restituire sulla scena l’onore scippatole in vita. A cui contribuisce in maniera importante l’ottima interpretazione di Lucia Mascino, chiamata a una sfida con un quoziente di difficoltà molto alto: dare merito a una vita lavorando in costante sottrazione, a rendere vivida e vitale una donna raccontata da chi resta con pochi spazi di emotività possibile. La Mascino, tra pur abili colleghi, si fa notare perché invece ne fa emergere invece un ritratto sfaccettato e reale, empatico, che era complesso tenere al di qua del confine di una lettura banalizzante e immediata, perché in teatro come negli esperimenti scientifici, quando si mira alla scoperta di qualcosa, non si è mai veramente certi che quello che si ha davanti agli occhi corrisponda a quello che si è convinti di vedere.
SPOLETO Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti 8 marzo
GROSSETO Teatro degli Industri 16 marzo
PISA Teatro Verdi 17-18 marzo
SANSEPOLCRO Teatro Dante 19 marzo
PORTOGRUARO Teatro Russolo 21 marzo
PADOVA MPX 22 marzo
SAN GIOVANNI LUPATO Teatro Astra 23 marzo
VICENZA Teatro Comunale 24-25 marzo
MACERATA Teatro Lauro Rossi 27-28 marzo
CAMPI BISENZIO Teatro Carlo Monni 29 marzo
JESI Teatro Pergolesi 30 marzo
MILANO Teatro Franco Parenti 3-15 aprile
CUNEO Teatro Toselli 16 aprile
CAGLIARI Teatro Massimo 18-22 aprile
BELLINZONA Teatro Sociale 26-27 aprile