Riccardo III: preludio di una tirannia
In un’ambientazione che ricorda al contempo uno chalet di montagna e una chiesa luterana si apre il sipario del Teatro Carignano di Torino per il “Riccardo III”, in scena dal 7 al 26 marzo, che vede la regia di una bravissima Kriszta Székely, con l’adattamento di Ármin Szabó-Székely e la traduzione di Tamara Török. A governare la scena e ad abitare magistralmente lo spazio teatrale nel ruolo principale il bravissimo Paolo Pierobon. L’allestimento andato in scena a Torino è l’ennesima dimostrazione dell’immortalità delle opere di William Shakespeare, che parla la lingua del contemporaneo nonostante il trascorrere dei secoli e che grazie alla regia della Székely fa venire i brividi al pubblico, spettatore di una meschina e subdola conquista della supremazia, tramite manipolazioni e giochi di apparenze. Lo spettacolo apre gli occhi su quanto l’ardore e la ricerca sfrenata del potere non conoscano limiti umani. Riccardo è un malvagio senza scrupoli, che nella sua ferma malvagità appare quasi bidimensionale, ma che l’abilissimo Pierobon riesce a sfumare, portando a galla una molteplicità di sfaccettature che scavano l’indole del personaggio. Un tiranno governato dall’ybris, responsabile della propria ascesa e caduta, che passa dall’essere un personaggio gretto e quasi comico a un uomo sanguinario e senza scrupoli. Accanto a Pierobon sul palco un cast straordinario, che è stato in grado di rappresentare in maniera cristallina l’opportunismo, il doppiogiochismo e la falsità che aleggiano intorno al potere, anche all’interno della stessa famiglia. In un mondo in cui reality show, fake news, gossip danno l’illusione di poter seguire da vicino la realtà e i mezzi di comunicazione come la televisione e i social media permettono di manipolare e mostrare ciò che si vuole, i personaggi non sono vittime ma carnefici. Le storie dei singoli personaggi non sono mostrate infatti in maniera passiva e inerte, non sono prodotti delle condizioni sociali e storiche del momento in cui esistono, ma rivelano la spietatezza dei conflitti di interesse, il modo in cui funziona la logica del potere e le diverse versioni delle strategie di sopravvivenza che esistono ancora oggi.
Ritengo doveroso soffermarsi qualche istante sulle spettacolari scelte registiche e sceniche, che sono riuscite ad abbattere le pareti del palcoscenico, moltiplicando i piani, trasformando l’intera sala in palcoscenico e rendendo anche i “dietro le quinte” parte integrante della narrazione. Il tutto con l’ausilio di altri strumenti scenici, che vanno ben oltre alla celeberrima “rottura della quarta parete” di matrice pirandelliana (che, s’intenda, è ben presente e gestita in maniera magistrale): la scena più volte viene separata dal pubblico da un telo opaco calato dall’alto e più volte inserito e rimosso in scena, sulla quale sono proiettate le immagini della videocamera in presa diretta realmente utilizzata dagli attori. La camera ci consente, per esempio, di vedere cosa succede di nascosto e cosa viene invece fatto vedere in televisione, conducendo il pubblico dietro il sipario, dove la scena procede.
A parer mio, Il “Riccardo III” di Kriszta Székely è la dimostrazione della capacità del teatro di stupefare, dal primo all’ultimo istante, per l’enorme possibilità che il linguaggio dà al pubblico: quella di affidarsi e lasciarsi andare alla scoperta e alla meraviglia. E questo spettacolo, ricco di colpi di scena, ne è la limpida dimostrazione.
Giulia Basso