La “Residenza fittizia” di Alessandro Niero
La residenza fittizia di Alessandro Niero è un attraversamento, una stasi in continua evoluzione che tocca la realtà arrivando fino all’essere, per estendersi e posarsi nell’oltre.
“…siamo tutti ospiti del vento”.
Una evoluzione obbligata e necessaria, che non risparmia altresì la parola, che qui troviamo espressa attraverso una matrice ben definita e uno stile ricercato, con cadenze e suoni regolari: ogni cosa è al suo posto, perfetta.
“…sente le parole spingere”.
La rima non spezza la musicalità e l’eleganza dei versi ma li conclude, definendoli con giochi linguistici. I titoli dei componimenti sono la soluzione al testo che sembra ora rebus ora indovinello. Parole di mistero a sottintendere vita e morte, con ironia e riflessione acuta.
E sono appunto il tempo che passa, la sua fugacità, la vita sfusa, la morte, i temi che incontriamo, descritti a mo’ di foto con didascalie: Nervi compone le immagini di figure svariate e molteplici, dal mendicante allo psichiatra, costruendo una Spoon River dei vivi, protesa verso la contemporaneità e il futuro, proiettato nei dolci pensieri per Bea, sua figlia. Guardare, guardare… L’attenzione è sul nostro quotidiano, sulle abitudini di una noiosa routine, su ciò che amavamo e non amiamo più.
“A volte io vorrei fossero meno / gli oggetti / intorno a ricordarmi come / probabilmente restino – e io passo”.
I componimenti poetici di Alessandro Niero in “Residenza fittizia” (Marcos y Marcos, Milano 2019, pp. 121, euro 20) si dissolvono man mano fino a divenire bianchi, fino a divenire neve. Una disabitudine, un dono… annunciato da un chiarore d’indaco.
Marianna Zito