“Raccapriccio – un anno dopo”: lo struggente ultimo atto di Alberto Astorri e Paola Tintinelli
“Noi vogliamo, per quel fuoco che ci arde nel cervello, tuffarci nell’abisso, Inferno o Cielo, non importa. Giù nell’Ignoto per trovarvi del nuovo.” Charles Baudelaire
Trovo che queste parole esprimano, meglio di ogni altre, lo spirito che da sempre anima questa coppia leggendaria. Con “Raccapriccio” Alberto Astorri e Paola Tintinelli riprendono, e da immensi artisti quali sono stravolgono, il loro destabilizzante lavoro sul tema della censura incentrato su “I fiori del male” di Charles Baudelaire presentato un anno fa alla Biennale Teatro. Lo fanno, come da loro solito, in maniera assoluta e radicale, dichiarando la loro decisione di autocensurare per sempre sé stessi e soprattutto la nostra speranza di vederli in scena insieme.
Ebbene sì: è anche e forse soprattutto la morte di questa coppia artistica ormai leggendaria che si celebra qui, nel luogo che forse più li rappresenta (il Teatro della Contraddizione di Milano). Parlare del contenuto artistico, come sempre sublime, di quest’ultimo lavoro sarebbe voler raccontare “altro”, distrarci rispetto a ciò che come spettatori non abbiamo potuto fare a meno di fare per tutto il tempo dello spettacolo: “succhiare” per un’ultima volta tutto il “Teatro” che Astorri Tintinelli ci regalano con questo struggente canto del cigno. Chi li conosce e li ama non riesce a guardare a questa coppia di pennuti incapaci di volare, impegnati in una recita che non vogliono o in realtà non possono portare a termine, senza che la mente corra al ricordo di tutto ciò che questi due artisti così speciali ci hanno regalato attraverso i loro spettacoli.
“Ho più ricordi che se avessi mille anni”, scrive Baudelaire.
E così anche noi. Grazie a loro.
Estremi fino all’ultimo loro atto, i due distruggono in scena anche “l’uovo” della speranza che come spettatori, amandoli, vorremmo disperatamente covare, cioè che questa “piccola morte” racchiuda invece in sé l’anticipazione di una nuova creatura artistica comune.
“La pendola dai funebri rintocchi suonava mezzogiorno brutalmente e sul lugubre mondo intorpidito versava tenebre il cielo”, scrive Baudelaire: e una campana suona rintocchi vuoti, morti, sulla scena. Ridiamo anche, come in altri loro spettacoli. Ma questa volta è diverso, come tutto è diverso: “Assai più che la Vita | è la Morte a tenerci sovente con lacci sottili.“ Così comprendiamo, e finalmente “vediamo” il senso delle parole del poeta che ispira lo spettacolo scelto per questo commiato:
“Quando il cielo basso e greve pesa come un coperchio sullo spirito che geme in preda a lunghi affanni, e versa, abbracciando l’intero giro dell’orizzonte, una luce diurna più triste della notte; quando la terra è trasformata in umida prigione dove, come un pipistrello, la Speranza sbatte contro i muri con la sua timida ala picchiando la testa sui soffitti marcescenti; quando la pioggia, distendendo le sue immense strisce, imita le sbarre d’un grande carcere, e un popolo muto d’infami ragni tende le sue reti in fondo ai nostri cervelli, improvvisamente delle campane sbattono con furia e lanciano verso il cielo un urlo orrendo, simili a spiriti vaganti, senza patria, che si mettono a gemere, ostinati. E lunghi trasporti funebri, senza tamburi né bande, sfilano lentamente nella mia anima, vinta; la Speranza, piange; e l’atroce Angoscia, dispotica, pianta sul mio cranio chinato, il suo nero vessillo.“
Questo è ciò che si è celebrato, questa volta; e di null’altro, questa volta, riusciremmo, con Raccapriccio, a parlarvi: “O Morte, vecchio capitano, è tempo, leviamo l’ancora. Questa terra ci annoia, Morte. Salpiamo.“
Alessandro Bizzotto
Raccapriccio. Un anno dopo
Compagnia Astorri Tintinelli
con Alberto Astorri e Paola Tintinelli
in scena al Teatro della Contraddizione di Milano dal 1 al 3 ottobre e dal 7 al 10 ottobre 2021