“QUASI NIENTE” ALL’ARENA DI BOLOGNA
In sala, mentre stiamo ancora rumorosamente prendendo posto e le luci sono alte, il sipario è aperto e la scenografia pronta, e lentamente, dietro a un sottile pannello trasparente al centro della scena, gli attori iniziano a posizionarsi sul palco, uno ad uno, alcuni ci osservano, altri si posizionano di schiena. Calano le luci e noi ci rendiamo presto conto di non essere solo semplici spettatori. Gli attori parleranno rivolti al pubblico la maggior parte del tempo, a volte apostrofandoci direttamente “Mi guardate tutti… un po’ troppo… [risate in sala] giratevi… potete girarvi dall’altra parte?”. Raramente i cinque protagonisti (3 donne e 2 uomini) dialogheranno tra loro. Siamo spettatori e contemporaneamente attori noi stessi, siamo stati ingaggiati per una parte, forse per la prima volta: ridiamo, rispondiamo agli sguardi, sospiriamo, tossiamo, bisbigliamo, fa tutto parte dello spettacolo.
“Quasi niente” è un progetto di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, in scena al Teatro Arena del Sole di Bologna. Lo spettacolo è liberamente ispirato a “Il Deserto Rosso”, il lungometraggio di Michelangelo Antonioni – il suo primo a colori – che gli è valso nel 1964 il Leone d’Oro come Miglior Film al Festival di Venezia. Il film narra del disagio esistenziale di Giuliana (interpretata da Monica Vitti), moglie e madre, depressa, con alle spalle un tentato suicidio e un ricovero in clinica psichiatrica. In una società che non riesce a comprenderla, Giuliana si sente alienata, e neanche l’incontro con Corrado, amico del marito, unico in grado di sfiorarla nel suo smarrimento, le darà giovamento. In scena, oltre ai due stessi registi Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, le performance di Francesca Cuttica, Monica Piseddu e Bello Steinegger. Le tre donne potrebbero rappresentare la stessa Giuliana in tre età diverse: 30, 40 e 60 anni, del resto le attrici ripetono “non notate una certa somiglianza?”. È un teatro che parla a se stesso, di se stesso: “perché non c’è una trama? Sarebbe tutto più semplice se ci fosse una trama” ci dice Giuliana, la 40enne: lo smarrimento non è solo del personaggio ma anche dell’attrice che lo interpreta, forse? Si perché lo spettacolo è un continuo rimando a un altro spettacolo, quello del film il Deserto Rosso, gli attori ce ne parlano, ci raccontano le scene, aspirano all’ottima performance di Monica Vitti. È un gioco continuo di specchi e rimandi, in cui l’arte stessa è l’altra grande protagonista, insieme al pubblico. La Giuliana 60enne ci chiede di comprendere e condividere la sua ansia, Giuliana la 30enne parla poco, preferisce cantare lei: è un urlo disperato quello cantato con un filo di voce, chiedendo di “tornare a essere normale”. Gli uomini sono in movimento, spostano mobili, restano minuti interminabili in un equilibrio disturbante capovolti sulla testa, con il corpo sospeso per aria, iconografia di un mondo che va al contrario.
La società ci chiede di interpretare un ruolo nella vita e se non lo rispettiamo, ci sentiamo depressi, inferiori, nullità: è il potere dominante della società che ti annienta. Chi non ha mai sentito questo peso? C’è chi ci convive, chi cavalca questa assegnazione come un’onda, chi sopporta, chi decide che se ne potrebbe anche andare. Cara Giuliana, alcuni di noi, come te, a volte si sentono di poter vibrare solo nell’oscurità e si scusano con il sole, la sua luce è troppo bella e forte per delle ombre come noi… eppure è meraviglioso anche restare, accettare di brillare di luce non propria e godere del tempo su questa terra.
Angelica Pizzolla