Quando musica e teatro si incontrano: al Teatro Menotti di Milano arriva “66/67”
Cosa succede quando un musicista/cantante incontra un attore? Cosa succede se poi si trovano Omar Pedrini e Alessio Boni a condividere lo stesso palco? La risposta è semplice: nasce “66/67” uno spettacolo musicale e narrativo insieme, che apre le porte della cinquantesima stagione del Teatro Menotti di Milano.
Il titolo dello spettacolo, “66/67” identifica i due artisti sul palco, nati a un anno di differenza l’uno dall’altro e anche a poca distanza geografica, l’uno a Sarnico, in provincia di Bergamo, e l’altro a Brescia. Due vite che si sono avvicinate a due forme d’arte enormi e che hanno avuto l’occasione di incontrarsi anni fa e di costruire un legame di amicizia nonché, ora, un sodalizio artistico. C’è trepidazione in sala per questo evento originale, dedicato ad alcune canzoni che hanno fatto la storia della musica addentrandosi nel loro significato e anche scavando nella genesi di chi le ha composte. Si inizia subito forte con le parole, recitate fuori campo, in italiano, di “Blowin’ in the wind” mentre i musicisti e Omar Pedrini prendono posto sul palco.
“How many roads must a man walk down / Before you call him a man? / How many seas must a white dove sail / Before she sleeps in the sand?”
I testi di Alessio Boni e Nina Verdelli raccontano storie intime di cantanti, musicisti, gruppi, un tocco di biografia per immergersi poi nei versi delle canzoni che acquisiscono nuova forza e un tocco diverso quando vengono eseguite. Come per la canzone di Bob Dylan, così avviene anche per tutte le altre, da “The sound of silence” di Simon & Garfunkel, a “Mother” di John Lennon (di cui si raccontano elementi biografici che si discostano dalla sua carriera nei Beatles), uno dei momenti più toccanti, in cui Omar Pedrini regala un’interpretazione notevole con la sua voce graffiante. Il connubio musicale e teatrale funziona, appassiona, permette di andare oltre a ciò che arriva al primo impatto, di avere un nuovo incontro con un mezzo di comunicazione senza filtri, e così anche Lou Reed, i Pink Floyd, David Bowie, R.E.M., Bob Marley, gli Smiths e gli Oasis prendono il loro posto. Canzoni in inglese, ma che possono arrivare dappertutto e fino in fondo all’anima, la barriera linguistica è solo marginale; anche la musica italiana ha la sua parte, con una canzone che ha segnato una svolta per la carriera di Omar Pedrini dopo il cambiamento di formazione dei Timoria nel 2001, dato dal bellissimo brano “Sole Spento”.
“Quando sei condannato al pentimento / Stanco di sentir dire? non ho tempo? / Come in un sole in cui sentire freddo / Sono qui, aspetterò”
La conclusione di questo spettacolo è stata affidata a un brano di un artista che unisce teatro e musica in sé e che per Milano in particolare è stato fondamentale. Non citerò il nome di questo personaggio, ma solo alcuni versi che ha donato alla storia della canzone italiana e che ha invertito i ruoli dei due artisti sul palco, riuscendo benissimo nell’intento:
“Mi scusi Presidente / lo so che non gioite / se il grido “Italia, Italia” / c’è solo alle partite. / Ma un po’ per non morire / o forse un po’ per celia / abbiam fatto l’Europa / facciamo anche l’Italia. / Io non mi sento italiano / ma per fortuna o purtroppo lo sono.”
Un enorme applauso ai bravissimi musicisti che hanno accompagnato il viaggio musicale e teatrale: Stefano Malchiodi (batteria), Larry Mancini (basso) e Carlo Poddighe (chitarra, tastiere, voce)
In scena al Teatro Menotti di Milano dal 1 al 3 ottobre.
Roberta Usardi