“Qualcosa nella nebbia”, il terzo romanzo di Roberto Camurri
“Non guarda nulla e guarda ogni cosa.
Guarda Fabbrico, la vede nascere, guarda i campi e i mattoni delle case, il cemento a tenerli insieme.
Fabbrico diventa quella che è, le paludi bonificate, i carri e gli aratri trainati da animali, poi i motori, i trattori, vede il catrame e le strade. Sente l’odore dell’asfalto intrecciarsi con quello della grandine, respira.
Guarda le storie raccontate e quelle che non lo sono state, che non lo saranno mai.”
Uno scrittore decide di ambientare le sue storie in un paesino in Italia chiamato Fabbrico. È un paese dove lui non ha mai vissuto, ma per cui prova una insolita attrazione. È un uomo arrabbiato e insoddisfatto, che odia tutti.
Trapela disprezzo nella descrizione dei personaggi principali del suo racconto, sadismo nella descrizione di Alice che ha avuto una carriera un po’ grottesca in tv, una sorta di masochismo in Giuseppe che ne è da sempre innamorato e che vive una sorta di isolamento popolato da mostri in attesa di essere liberati, Andrea detto Jack è infine un tossico che è stato testimone da piccolo di un cruento omicidio, nella casa di fronte alla sua abitazione costringendolo a viaggi alternativi alla crudezza della realtà che lo circonda. Ma Jack in tutta la narrazione è l’unico ad avere un’anima, infatti Alice sembra rappresentare per lui ciò che la rosa è per il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, in tutta la sua fragile preziosità. I corpi palesano la loro fisicità nella descrizione degli orrori a cui sono sottoposti. La voce narrante è lo scrittore stesso e, come tale, è un uomo con un lavoro carico di sofferenza emotiva tanto da fargli sfiorare spesso la follia, un borderline. I luoghi vengono descritti come avvolti dal degrado, che ne è anche parte integrante. Persino gli animali sembrano guardare con tristezza tanto decadimento al punto di scegliere la morte e causarsela con corse sconsiderate. Fabbrico è il limbo tra la vita e una morte ardentemente cruenta e agognata.
Roberto Camurri in “Qualcosa nella nebbia” racconta la sua vita (NN Editore, 2022, pp. 176, euro 17), in una sorta di viaggio, un vero e proprio trip, che nasce con un sogno e finisce come un incubo. Carico di salti temporali, di similitudini, metafore; a volte, quasi un groviglio di idee, apparentemente insensate, ma tragicamente veritiere. Il linguaggio utilizzato è spesso “forte”, crudo. Un romanzo che ci fa porre domande esistenziali e che, senza sconti, descrive realtà, spesso, particolarmente a portata di mano.
“La mia voce si era fatta cattiva, tutto in me, si era fatto cattivo. Avevo visto il viso di Mirco crollare dalla paura, apriva e chiudeva la bocca senza dir nulla.
La paura per il male che avrei potuto fargli.
Il terrore che mi sarebbe piaciuto.”
Marisa Padula